La Commissione Europea ha recentemente intrapreso un provvedimento di diniego anche nei confronti della proposta di acquisizione di VMware da parte di Broadcom, ritenendola minacciosa nei confronti della libera competitività del mercato.
Nelle motivazioni, l’organo antitrust di Bruxelles ha espresso in maniera dettagliata la propria preoccupazione sul fatto che dopo l’acquisizione, Broadcom possa condizionare l’offerta nei confronti dei fornitori di NIC, host in fibra ottica e storage di rete che hanno soluzioni VMware nei propri stack hypervisor, creando di fatto una condizione di evidente danno ai propri competitor.
La CE, dopo aver svolto il proprio percorso investigativo, ritiene che Broadcom sia il principale fornitore di componenti elettronici per l’hardware di rete, in un contesto dove i provider sono già di per sé molto limitati nel numero. Se Broadcom rendesse le soluzioni di VMware esclusive per i propri sistemi, la già modesta varietà di offerta in questo segmento rischierebbe di scivolare in una posizione di pericoloso monopolio, costringendo di fatto tutti i clienti VMware ad acquistare hardware Broadcom.
In particolare, secondo quanto esprime il parere di diniego della CE: “Se i concorrenti di Broadcom vengono ostacolati nella loro capacità di competere sul mercato, ciò potrebbe a sua volta portare a prezzi più alti, ad qualità inferiore e ad una minor innovazione sia per i clienti commerciali che per gli utilizzatori finali“.
L’acquisizione di VMware è un affare complessivo da 61 miliardi di dollari, una cifra seconda soltanto al già citato accordo tra Microsoft e Activision Blizzard. La proposta finora ha incontrato anche il parere negativo di CMA nel Regno Unito, sulla base delle stesse motivazioni espresse dalla CE, mentre FTC sta ancora effettuando la propria indagine nel contesto statunitense.
In particolare, Broadcom ha recentemente comunicato a CMA di non voler concedere alcuna concessione, nemmeno di fronte all’avvio della seconda fase dell’indagine dell’antitrust britannico, intrapresa lo scorso 29 marzo.
Le posizioni paiono pertanto ben distanti da una trattativa che almeno secondo le intenzioni del CEO di VMware, Rangarajan Raghuram, si sarebbe dovuta concludere entro l’autunno, possibilmente riferendo la data limite al 30 ottobre, giorno che segna la chiusura dell’anno fiscale di Broadcom.
Nonostante il diniego di CE e Regno Unito, in attesa di sapere cosa deciderà l’antitrust statunitense, Broadcom può vantare il parere positivo di Australia, Brasile, Canada e Sud Africa, gli altri paesi che avevano avviato un percorso di indagine in merito. Dal canto suo, VMware ha rassicurato i propri investitori, affermando che continuerà a collaborare con tutti gli enti regolatori ai fini di risolvere i problemi ed assicurare il buon esito della trattativa.
In merito alla vicenda diventano pertanto decisive due date. Il 21 giugno, giorno in cui la CE, preso atto delle eventuali osservazioni delle parti in causa, presenterà la propria decisione finale. CMA si riserva di fare altrettanto entro il prossimo 12 settembre.
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La manovra Broadcom/VMware non è l’unica mega operazione ad essere nei guai…
Come presagivano i timori e le previsioni della vigilia infatti la CMA, l’organo antitrust britannico, ha espresso il suo parere negativo in merito all’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft, motivando una serie di obiezioni in merito alla possibilità di monopolio in ambito cloud gaming.
La scelta non sorprende più di tanto gli addetti ai lavori, anche se poco più di un mese fa CMA aveva lasciato aperti molti spiragli, con un comunicato provvisorio che sosteneva che, sulla base dell’allora evoluzione dell’indagine, l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft non avrebbe comportato una riduzione sostanziale della competitività, almeno in merito al mercato console.
Molti interpretarono questa comunicazione, benché del tutto ufficiosa, come una risposta a Sony, principale antagonista di Microsoft nella vicenda. Se le impressioni sul fronte del mercato console avevano fatto ben sperare per il buon esito della trattativa, i timori dell’antitrust inglese in merito al mercato del cloud gaming rimettono tutto pesantemente in discussione, rimandando la questione verso le aule dei tribunali, dove Microsoft e Activision Blizzard cercheranno di far valere le rispettive ragioni di fronte ad interessi miliardari.
Il diniego di CMA segue di pochi giorni un provvedimento sostanzialmente analogo, con cui l’antitrust britannica ha espresso il proprio parere negativo in merito ad un’acquisizione a dir poco fondamentale per il mercato IT, quella che vede Broadcom intenta a fare propria nientemeno che VMware.
Vediamo nei dettagli cosa è accaduto, cercando soprattutto di fornire una sintesi degli aspetti essenziali che hanno caratterizzato queste due vicende. La partita è tutt’altro che conclusa, ma i continui pareri negativi degli organi antitrust rischiano di avere pesanti ricadute anche in termini collaterali, scoraggiando gli investimenti dei big tech almeno in alcuni comparti territoriali, come nel caso del Regno Unito.
Microsoft e Activision: procede la ferma resistenza da parte di FTC e CMA
Il diniego espresso da CMA in merito all’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft è focalizzato sul timore che tale sodalizio potrebbe costituire un rischio di monopolio nell’ambito del cloud gaming, soprattutto per due aspetti: l’innovazione e la possibilità di scelta da parte dei consumatori.
CMA sostiene che Microsoft, nel momento in cui ha svolto la propria indagine nel Regno Unito, abbia il controllo su una quota che può variare dal 60% al 70% del business complessivo legato al cloud gaming, dunque una posizione predominante e già di per sé fonte di rischio nei confronti della competitività del mercato. Il colosso di Redmond aveva replicato con la proposta di alcune soluzioni, incentivate ad offrire ai propri concorrenti una serie di concessioni, che sono state ritenute non sufficienti da parte dell’antitrust britannico.
Il secondo motivo ostativo espresso da CMA è relativo all’offerta sul mercato, dove Microsoft, guidata da Satya Nadella (nella foto), sempre forte di una posizione di monopolio, potrebbe aumentare in maniera significativa il prezzo del proprio servizio ad abbonamento: Game Pass. Una condizione che offrirebbe poche alternative ai gamer intenti a giocare i titoli Activision Blizzard, tra cui figurano mostri sacri come Call of Duty, World of Warcraft e Diablo.
Microsoft, come vedremo, ha annunciato che farà ricorso entro il termine previsto entro la fine del mese di maggio, annunciato di voler far valere pienamente le proprie ragioni nei confronti dell’acquisizione di Activision Blizzard, anche per non ritrovarsi a pagare la cospicua penale da 3 miliardi di dollari ad oggi prevista nel caso in cui l’azienda di Redmond non confermasse l’acquisizione entro il prossimo 18 luglio, salvo ulteriori proroghe.
Il parere di CMA potrebbe costituire un pericolosissimo precedente anche in attesa di come si esprimeranno gli organi antitrust degli altri paesi. La FTC, antitrust degli Stati Uniti, ha già citato Microsoft in tribunale, dove la prima udienza è prevista per il 12 agosto, mentre il 22 maggio è attesa la pubblicazione del parere della Commissione Europea, che pare avviarsi verso il favorevole esito della trattativa.
Le pesanti accuse di Activision a FTC, il rischio di una lunga battaglia legale
La prima reazione di Microsoft alla decisione di CMA arriva dal presidente Brad Smith, che ha annunciato il sicuro ricorso in appello: “CMA rifiuta una proposta pragmatica che abbiamo fatto per risolvere i problemi legati alla competitiva, scoraggiando sia l’innovazione tecnologica che i futuri investimenti nel Regno Unito […] dopo un lungo processo di delibera, la decisione appare evidentemente viziata da una visione non corretta del mercato e da una mancata comprensione del funzionamento del cloud”.
Per Brad Smith, qualora dovesse perdurare questa condizione di diniego, potranno esserci ripercussioni sulle strategie generali della holding: “Quanto accaduto è probabilmente il giorno più buio dei quarant’anni di Microsoft nel Regno Unito e rischia di minare modo decisivo la nostra fiducia nei futuri investimenti nel paese”, lasciando intendere chiaramente che gli organi antitrust non rischiano di condizionare soltanto le singole operazioni su cui si pronunciano, ma di creare un pericoloso deterrente, soprattutto in un periodo storico dove le big tech stanno fortemente razionalizzando i propri investimenti.
Molto più dura la posizione del vulcanico Bobby Kotick, storico CEO di Activision Blizzard, che rischia di veder svanire nel nulla un accordo da 66,8 miliardi di dollari, l’acquisizione più ricca nella storia del mercato tecnologico. Secondo Kotick, CMA sarebbe stata direttamente influenzata dalla posizione di FTC, l’organo antitrust statunitense, accusando apertamente il suo presidente Lina Khan.
Al di là di aver apertamente dichiarato che CMA sarebbe uno strumento manipolato da FTC, Kotick ha di fatto rilevato la possibilità di un reato di collisione, che potrebbe arricchire i fascicoli delle procedure legali che verranno certamente alimentate ed intraprese nel caso in cui la manovra acquisitoria dovesse fallire.
Insomma, parliamo di accuse gravissime e comprensibilmente l’FTC ha deciso di chiarire la situazione. Stando alla versione dei fatti fornita a Reuters, c’è stato effettivamente un incontro a Washington tra Lina Khan e il capo del CMA, ma in tale occasione non è stato discusso in nessun modo l’acquisizione di Activision Blizzard.
La FTC, dal canto suo, ha fermamente smentito le dure accuse di Kotick, sostenendo come: “FTC non è collusa né con CMA né con qualsiasi altro ente regolatore internazionale quando si tratta di valutare una proposta di fusione, soprattutto quando si prende in esame un accordo palesemente anticoncorrenziale […] FTC da anni dialoga con altri enti antitrust. È avvenuto sia sotto presidenti repubblicani che democratici, e tale pratica è finora stata accolta favorevolmente nel mondo degli affari”.
Sarah Cardell, CEO di CMA si è limitata a ribadire i contenuti espressi dal provvedimento dell’antitrust britannico: “Penso che che la decisione dimostri l’importanza di sostenere un mercato libero e competitivo nel Regno Unito, un luogo assolutamente aperto al business. Vogliamo creare un ambiente dove tutte le aziende possano competere in modo efficace, per crescere e innovare il mercato tecnologico […] La nostra decisione rappresenta la scelta migliore per l’interesse dei consumatori britannici e per i business del nostro paese”.
In una recente dichiarazione a BBC, il presidente di Microsoft, Brad Smith, non pare in alcun modo voler recedere rispetto alla propria posizione, che in ogni caso appare ben distante dalla durezza accusatoria di Bobby Kotick.
Smith avrebbe affermato che: “FTC e gli Stati Uniti hanno sollevato l’esistenza di diversi problemi e li stiamo affrontando. Nel frattempo, i governi di tutto il mondo hanno approvato la nostra proposta di acquisizione, per questo sono colpito dalla decisione inglese”. In merito all’attesa comunicazione della Commissione Europea, Smith è apparso ragionevolmente fiducioso, affermando come Bruxeless sia: “Un luogo in cui è possibile sedersi e discutere con dei regolatori effettivamente responsabili nei confronti dei leader eletti […] Le autorità di regolamentazione del Regno Unito mi paiono non solo non elette, ma nemmeno responsabili”.
Secondo Brad Smith, la decisione di CMA sarebbe inoltre: “Fondamentalmente poco saggia. Ho sentito molte fonti autorevoli in tutto il mondo, e mi paiono tutti scioccati e delusi da questo provvedimento. La fiducia del mondo tecnologico nei confronti del Regno Unito rischia di venire compromessa”. Nel frattempo, NVIDIA, forte dei propri investimenti nel cloud gaming, si è schierata apertamente dalla parte di Microsoft, mentre altri player hanno finora dimostrano una notevole prudenza nella comunicazione, almeno tramite i canali ufficiali.
Brad Smith ha infine esortato apertamente il governo britannico a riconsiderare il ruolo di CMA in funzione della reputazione del mercato tecnologico del Regno Unito, anche se finora le indiscrezioni che emergono dalla stampa inglese paiono suggerire un approccio opposto rispetto alle pur legittime speranze di Microsoft. La partita è oltremodo aperta.