I grandi licenziamenti stanno diventando un denominatore comune per le principali realtà del settore tech, coinvolgendo in vari termini percentuali sia le multinazionali dell’IT che vari player verticali.
Cisco ha ad esempio appena ufficializzato un nuovo round di licenziamenti, che dovrebbe coinvolgere circa 6000 dipendenti, una quota pari al 7% della forza lavoro complessiva. La notizia segue gli annunci e gli effettivi tagli operati da Microsoft, Intel, Google, Dell, Aws, Apple, Meta e moltissimi altri grandi nomi del mercato IT – Tech.
Nel corso del seguente report analizzeremo le cause che ritroviamo quasi sempre tra le principali motivazioni di queste travolgenti ondate di licenziamenti, che puntualmente obbligano migliaia di persone a trovarsi una nuova occupazione. Un’impresa non semplice, in tempi di generale recessione, anche se le opportunità, non mancano di certo, se si ha la volontà di rimettersi in discussione, a prescindere dal proprio livello di seniorship.
Non si può negare la radicale trasformazione in atto nell’industria IT, dove alcuni mercati tradizionali, come quello dei PC e dell’infrastruttura tradizionale (server, storage, networking) sono ormai saturi e maturi dal punto di vista tecnologico, a dispetto di altri segmenti dell’offerta, dove si stanno concentrando gli investimenti delle aziende.
Tornando a Cisco, il CEO Chuck Robbins, nel motivare la ragione alla base dei licenziamenti annunciati, ha precisato che l’azienda sta: “spostando centinaia di milioni di dollari di budget già pianificati verso la AI”, dove con AI Cisco intende soprattutto infrastruttura di rete e cybersecurity per i data center privati e dei provider pubblici. Robbins ha inoltre precisato come: “si tratta di un cambiamento importante, ma il mercato si muove molto velocemente, non potevamo rimandare ulteriormente questa decisione”.
Adattarsi o morire, in un contesto di mercato sempre più competitivo e spietato nei propri ritmi evolutivi. Una regola che vale per tutti i player del mercato IT.
Contrariamente ad altre situazioni, Cisco non avrebbe licenziato per ridurre i costi a fronte di trimestri di esercizio negativi. Il CFO Scott Herren ha infatti precisato come il taglio del 7% della forza lavoro sia dettato da un’esigenza di razionalizzazione delle risorse a fronte di variazioni strategiche fondamentali, come del resto anticipato da Robbins.
Sulla base della premessa di Cisco, vediamo quali sono i numeri del problema, le principali cause dei grandi licenziamenti e come sono stati interessati i principali brand IT – tech nel corso del 2024.
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Grandi licenziamenti IT: dal 2022 in aumento il numero di dipendenti licenziati nel settore IT
Negli Stati Uniti lo chiamano il “big layoff”, il fenomeno che letteralmente consiste nei grandi licenziamenti in atto nel settore tecnologico. E in effetti, le numeriche in questione, grandi lo sono senza alcuna ombra di dubbio.
Secondo una stima operata da Crunchbase sulla base delle fonti acquisiti dai principali media tech USA, i dati relativi ai licenziamenti nel settore IT, soltanto negli Stati Uniti, dove hanno sede quasi tutte le principali aziende tech, sarebbero i seguenti:
- 2022: 93mila licenziamenti
- 2023: 191mila licenziamenti
- 2024: 84mila licenziamenti soltanto nel primo semestre
È auspicabile che il numero dei tagli del 2024 superi quello dell’anno precedente, in quanto la maggior parte degli annunci avviene solitamente negli ultimi mesi dell’anno solare. Anche in conseguenza alle valutazioni di bilancio relative alla chiusura dell’anno fiscale, che accade a fine giugno.
A guidare la classifica dei licenziamenti ritroviamo (fonte techcrunch) quattro big tech: Amazon (16mila tagli), Alphabet (12mila tagli) Microsoft (11mila tagli) e Meta (10mila tagli). Una classifica che sarà prontamente da aggiornare, in quanto nel mese di agosto Intel ha annunciato l’intenzione di ridurre la sua forza lavoro del 15%, rinunciando a circa 15mila dipendenti entro la fine del 2024, secondo un piano di rientro da 10 miliardi di dollari entro il 2025.
Le cause dei grandi licenziamenti IT: riduzione dei costi, trasformazione di business e recessione dei mercati in cima alla lista. Nuove opportunità per il canale grazie all’esternalizzazione dei servizi
Il fenomeno dei big layoff sta interessando tutte le dimensioni aziendali del settore tech, anche se per ovvie ragioni i numeri delle multinazionali sono destinati a generare un maggior effetto mediatico. Per molti versi, si tratta di una storia che si ripete. Ricordiamo lo scoppio della bolla delle dot com, con un crollo delle aspettative nel tech che ha contribuito in maniera decisamente positiva a rendere resiliente tutto il settore, grazie al dilavamento della parte puramente speculativa.
In attesa di sapere come andrà a finire, vediamo quali sono le principali cause del big layoff.
Intelligenza artificiale (AI)
L’intelligenza artificiale sta influendo sotto vari aspetti del business aziendale, influenzando in maniera importante l’HR. Da un lato, la spinta tecnologica, che vede le realtà IT rinnovare il proprio portfolio di offerta, con la necessità di rivedere le priorità di budget.
Molto spesso, a fronte di grandi licenziamenti in alcuni settori, le aziende faticano ad assumere nuove figure dotate di competenze in ambito AI, in quanto queste scarseggiano e sono molto richieste sul mercato.
A questi aspetti si aggiunge il temuto fenomeno della “AI che sostituisce l’uomo”. Secondo un recente report economico della Presidenza degli Stati Uniti, circa il 10% dei posti di lavoro sarebbe a rischio grazie all’automazione introdotta dalle varie tecniche di intelligenza artificiale.
Tale evidenza obbliga il personale a rischio ad un re-skilling / up-skilling, che a volte le aziende stesse attuano internamente, per accelerare l’acquisizione delle competenze a loro necessarie. Imparare a convivere con la AI appare dunque indispensabile sia per salvaguardare la propria occupazione che per rendere più efficiente e produttivo il proprio operato.
Moltissime aziende stanno ragionando proprio in quest’ottica. IBM ha annunciato il taglio di 3900 dipendenti (1,5% della forza lavoro) nella divisione marketing e comunicazione, dove il loro operato verrà in buona parte sostituito dalla AI. Allo stesso modo verranno annullate le nuove assunzioni in quei comparti dove i ruoli ricercati possono essere compensati grazie alla AI. Le nuove assunzioni invece si concentrano soprattutto sulle figure tecniche necessarie per sviluppare nuove soluzioni basate sull’intelligenza artificiale e implementare la AI nei processi aziendali, sia internamente che in supporto ai clienti.
Recessione economica globale e inflazione
Occorre ancora una volta ricordare come il mercato IT dipenda molto strettamente dalle sorti dei mercati americani, dove hanno sede tutti i principali brand del settore.
Secondo i dati dell’equivalente USA al nostro Ministero dell’Economia e delle Finanze, i mercati appaiono in evidente recessione a partire dal luglio del 2022. Vi sono varie concause, come l’aumento del debito pubblico, la crisi energetica globale, la guerra in Ucraina, gli effetti post-pandemici e, soprattutto, il notevole aumento dei tassi di interesse (sette rialzi da parte della FED soltanto nel 2002) e dell’inflazione, che in alcuni periodi ha superato nettamente il 10%, a fronte del tipico valore medio annuo del 2%.
Un’inflazione così marcata ha causato una netta riduzione della spesa sia in ambito enterprise che nel contesto consumer, penalizzando i ricavi delle aziende tecnologiche e di tutto l’indotto, basti pensare alla riduzione della spesa in adv, che ha condizionato duramente le entrate di Meta, Google, Instagram e altre società che basano il loro modello di business proprio su quel genere di entrate.
Tali effetti hanno obbligato le aziende IT – Tech a contenere i costi per compensare i tracolli di bilancio. Licenziare il personale costituisce il modo più semplice e diretto per soddisfare questo obiettivo, oltre ad annullare nuovi progetti di investimento, il che si riflette in mancate nuove assunzioni.
A tutto ciò occorre aggiungere l’aumento dei tassi di interesse, oltre a rallentare notevolmente l’economia, scoraggia l’azione dei venture capital nell’investire su nuove start-up, il che genera un ulteriore fattore frenante nei confronti dell’innovazione.
Timori e pressioni degli investitori
Di fronte a una flessione dei ricavi, le aziende potrebbero ragionare secondo una logica di ROI indiretto, investendo per ottenere rischiosi ma significativi guadagni nel medio termine. Tuttavia, questo approccio è in deciso contrasto con gli obiettivi dei loro investitori, che premono affinché le aziende riducano sensibilmente i costi e l’esposizione al rischio finanziario.
Buona parte dei tagli delle big tech, come Google, Meta e Microsoft, sono causate proprio da questo vincolante fattore, dal momento che la riduzione della fiducia dei propri investitori equivale ad un drammatico tracollo in borsa.
Normalizzazione post pandemia Covid-19
Un altro fattore rilevante sui licenziamenti in atto a partire dal 2022 è dovuto alla normalizzazione del mercato IT dopo la decisa accelerazione del 2020 e del 2021, causato dall’emergenza pandemica, che ha costretto privati e aziende a digitalizzarsi in maniera significativa per continuare ad essere operativi durante i lockdown. Molte aziende IT – Tech hanno assunto oltremodo per cercare di soddisfare le crescenti richieste del mercato, ritrovandosi evidenti esuberi nel momento in cui la domanda si è normalizzata, non nelle prospettive del tanto auspicato new normal, ma tornando verso i numeri e i ritmi precedenti alla pandemia Covid-19, oltre ad una generale riduzione dell’attività online.
Per fare un esempio concreto, le tecnologie per lavorare da casa, come Zoom, Go-to-Meeting, Google Meet, Cisco Webex e Microsoft Teams, per citare alcuni tra i software collaborativi più diffusi, hanno visto un progressivo calo di accessi quando i lavoratori hanno ripreso ad utilizzare le sale riunioni fisiche degli uffici per le loro riunioni.
Saturazione e maturazione dei mercati IT tradizionali
Alcuni mercati IT, come PC e infrastruttura tradizionale (server, storage, networking) hanno incontrato una crisi delle vendite rispetto agli anni precedenti, ma ciò non è certamente dovuto ad un minore utilizzo di queste tecnologie, che rimangono più che mai attuali.
La maturazione tecnologica ha ridotto l’esigenza di rinnovare il parco hardware con i ritmi che conoscevamo in passato e i nuovi trend, come gli AI PC, non sono ancora sufficientemente forti per trainare il settore con i numeri attesi dagli investitori.
In altri casi, dai prodotti, l’attenzione è virata verso i servizi. Si pensi al networking. Oltre alla possibilità di gestire i sistemi in cloud e di avvalersi di reti virtuali, si è aperto un enorme fronte di servizi per soddisfare le esigenze di sicurezza dei sistemi di rete.
La saturazione e la maturazione dei mercati IT tradizionali sta spingendo le aziende leader a diversificare le proprie strategie, puntando su nuovi trend come AI, cloud e edge computing, razionalizzando il budget dedicato all’offerta tradizionale. Questa variazione di indirizzo strategico si riflette a sua volta su tutto l’indotto, condizionando le sorti occupazionali dell’intera supply chain.
I mercati IT tradizionali certamente non moriranno, per cui le aziende leader vorranno mantenere la loro posizione di vertice nel market share, ma le previsioni degli analisti ci indicano che non cresceranno in maniera significativa in futuro, a dispetto di quelli basati sulle tecnologie emergenti.
Il big layoff è un’opportunità per i partner di canale, chiamati a sostituire i ruoli interni eliminati dai tagli
Non è un caso che a seguito dell’annuncio di importanti tagli, corporation come Microsoft e Dell abbiano annunciato un potenziamento dei loro partner program. Quando gli investitori premono per ridurre i costi interni, le aziende come primo effetto tagliano il personale, ma si ritrovano in qualche modo a dover mantenere adeguati livelli di operatività, e lo fanno esternalizzando il contributo a cui hanno rinunciato internamente. I partner di canale costituiscono l’opzione più naturale per compensare queste lacune.
I partner di canale vengono quindi maggiormente responsabilizzati rispetto al passato, a condizione che anch’essi modernizzino le loro competenze e il loro portfolio di offerta tecnologica, virando verso i settori di attività più richiesti dal mercato, come nel caso del cloud e dell’intelligenza artificiale.
La stessa logica vale per un’ampia gamma di fornitori IT. Quando leggiamo che Intel taglia 15mila dipendenti in “ruoli non essenziali”, dobbiamo naturalmente chiederci chi farà il lavoro al posto loro. Monitorando la situazione, si fa presto a scoprire come molti servizi/prodotti siano stati esternalizzati da Intel, ricorrendo a maggior servizi da parte di TMSC e altri fornitori minori, nella prospettiva di sgravare il bilancio interno.
I grandi licenziatori: numeri e strategie delle principali aziende IT – Tech nel 2024
Dopo aver analizzato i principali fattori di crisi occupazionale nel settore IT – Tech e quali opportunità si aprono di fronte al radicale cambiamento in atto, a titolo esemplificativo, vediamo quali sono alcune tra le principali aziende ad aver annunciato importanti licenziamenti nel corso del 2024. È opportuno notare la varietà delle motivazioni alla base della medesima decisione.
Google sta effettuando una politica di tagli di personale molto importante, eliminando diversi team cloud, inclusi quelli focalizzati sulla sostenibilità, la consulenza e l’ingegneria dei partner. Google ha inoltre licenziato il personale di team chiave come Flutter, Dart e Python. I tagli più consistenti sarebbero in ogni caso legati al team di vendita dei proverbiali Google Ads, grazie alla notevole automazione introdotta nei processi grazie all’intelligenza artificiale, e alla generale recessione dei mercati a cui abbiamo fatto accenno in precedenza. I licenziamenti non hanno risparmiato nemmeno i reparti hardware e il CEO Sundar Pichai ha annunciato che Big G annuncerà ed effettuerà ancora diversi tagli entro la fine del 2024.
Ingram Micro
I licenziamenti non risparmiano nemmeno i distributori. Secondo fonti riportate da CRN, grazie alla sua quotidiana relazione con migliaia di partner a livello globale, Ingram Micro a partire dallo scorso mese di febbraio starebbe continuamente licenziando personale, anche se al momento non sarebbero note le numeriche di dettaglio.
Microsoft
Microsoft ha adoperato una consistente politica di tagli, coinvolgendo anche uno dei comparti più redditizi a livello di introiti, come l’ecosistema cloud Azure, a seguito di una importante ristrutturazione, che ha portato alla rinuncia di 1500 dipendenti, che si sommano agli oltre 10mila già licenziati in altre divisioni.
Activision Blizzard
Sempre in orbita Microsoft, dopo la definitiva acquisizione record da 68 miliardi di dollari, è stata avvia una strategia di razionalizzazione del gigante del gaming, oltre che della divisione interna Xbox. Secondo fonti riportate da techcrunch, Microsoft avrebbe il taglio di almeno 1900 unità soltanto nel 2024.
Apple
Ufficiale il taglio di 614 dipendenti, a seguito del definitivo abbandono del progetto Apple Car, l’auto elettrica a cui l’azienda di Cupertino non ha riposto la fiducia necessaria per portare sul mercato il progetto intrapreso negli anni scorsi.
AWS
Amazon è la big tech che, stando alle fonti dei principali media tech americani, avrebbe effettuato il maggior numero di tagli. La maggior parte di questi sarebbe da collocare nelle divisioni marketing e vendite, ma quote significative riguardano i servizi globali e i team di sviluppo degli store fisici. Importanti riduzioni di personale sarebbero state effettuate anche in verticali come One Medical e Amazon Pharmacy, anche se i numeri in gioco non sono stati resi noti.
IBM
Oltre al già citato taglio di 3900 dipendenti, Big Blue procede in una strategia di modernizzazione AI driven che sta interessando soprattutto i settori marketing e comunicazionie. In totale il numero di tagli entro il 2024 dovrebbe aggirarsi attorno alle 8000 unità.
Tesla
Lo stesso Elon Musk ha annunciato l’intenzione di ridurre il personale di Tesla di oltre il 10%, il he equivale a circa 14mila dipendenti.
X (Twitter)
Ancora Elon Musk ha rivelato che, dal momento della sua acquisizione e rebrand come X, il personale dipendente dell’azienda già nota come Twitter è stato ridotto di oltre l’85%.
Disney Pixar
La crisi non salva nemmeno il più iconico dei brand dell’entertainment, da sempre considerata un’autentica gallina dalle uova d’oro. L’eccellenza tecnologica non è in discussione, ma la scelta di rinunciare alla produzione esclusiva per Disney+, tornando alla produzione tradizionale per il cinema ha portato ad una corposa riduzione dei progetti in programma, che costerà il taglio del 14% della forza lavoro, pari a circa 200 dipendenti.
Sony
Il settore gaming è stato colpito molto duramente da varie dinamiche di crisi, il più delle volte dettate da esigenze speculative che non dal reale andamento dei mercati. La maggioranza degli studi di sviluppo ha ridotto il proprio personale. Non fa eccezione un colosso come Sony, che ha tagliato quasi 1000 dipendenti (8% della forza lavoro) nella divisione PlayStation, oltre a ridurre il personale dei team esclusivi come Naughty Dog, Insomniac Games e Guerrilla Studios, gli autori di successi epocali come The Last of Us, Uncharted, Spiderman, Horizon Zero Dawn e dei rispettivi sequel.
Magic Leap
Il brand noto quale principale competitor di Microsoft Hololens nel segmento della mixed reality a livello enterprise ha annunciato il taglio di circa 100 unità nei settori marketing e vendite.
Meta
Dopo lo scoppio della bolla del metaverso, il mercato delle tecnologie immersive ha assistito ad una progressiva e prudenziale razionalizzazione dei budget, il più delle volte reindirizzato verso i progetti basati sulla AI. Tra licenziamenti e mancate assunzioni, Meta ha ridimensionato il proprio organico di circa 10mila unità.
VRChat
Pur rimanendo una delle tecnologie più interessanti nella VR collaborative, VRChat ha ridotto la propria forza lavoro del 30%, come recentemente annunciato dal CEO Graham Gaylor in un comunicato ufficiale.
Kaspersky
Caso molto particolare, quello di Kaspersky, chiamato a dover licenziare l’intero personale dipendente sul mercato americano dopo il ban deciso dal governo Biden, che impedirà alla società con sede a Mosca di operare nel territorio statunitense dal prossimo mese di settembre.
Orca Security
Anche un settore in generale crescita come la cybersecurity incontra alcune flessioni a livello occupazionale. Orca Security ha annunciato il taglio del 15% della propria forza lavoro, pari a circa 60 unità. La unicorn israeliana ha comunque anticipato una ridistribuzione del personale interessato in altre unità interne, a fronte di una strategia di riorganizzazione in atto.
Salesforce
Secondo una recente fonte di Bloomberg, il gigante del CRM avrebbe recentemente tagliato oltre 300 persone nella prospettiva di ridurre i costi interni e riorganizzare i processi interni. Secondo Wall Street Journal, il numero dei dipendenti licenziati dal 2023 sarebbe pari a circa 1000 unità.
SAP
Procede la robusta strategia di riorganizzazione annunciata dal CEO Cristian Klein. Il brand tedesco avrebbe già effettuato oltre 8000 dei 10000 tagli previsti, tra licenziamenti, buyout volontari e pensionamenti anticipati. È opportuno far notare come SAP, nel Q2 2024, abbia registrato introiti in aumento di oltre il 10% rispetto al Q2 2023.
OpenText
Opentext ha ufficializzato il licenziamento di 1200 dipendenti, il 2% della forza lavoro complessiva, nell’ottica di ridurre significativamente le spese entro il 2025.
UiPath
UiPath ha programmato una riduzione di 420 unità di personale, il 10% della propria forza lavoro complessiva, nell’ambito di una importante iniziativa di ristrutturazione interna.
Cloud Software Group
La holding a cui fa riferimento Citrix, all’inizio del 2024 ha intrapreso un piano di riduzione del 12% della propria forza lavoro, pari a circa 1000 unità, annunciando contestualmente nuove assunzioni, almeno secondo quanto rivelato dal CEO Tom Krause in una dettagliato post su Linkedin.
Vroom
Vroom ha annunciato il taglio del 90% della propria forza lavoro, a seguito di una radicale trasformazione del proprio modello di business, che rinuncerà al celebre portale di vendita di auto usate, puntando in maniera decisa sui servizi finanziari e sugli analytics basati sulla AI, specifici per il mercato dell’auto.
Twitch
Nel 2024 la più popolare piattaforma di streaming online ha annunciato il taglio di 500 dipendenti, una cifra che equivale al 35% della forza lavoro complessiva. Per l’azienda in orbita Amazon si tratta del secondo round di licenziamenti massivi, dopo quello effettuato nel 2023.
Unity
Alcune discutibili acquisizioni, come la divisione FX di Weta Digital, e la sovrastima di alcuni servizi sono costati cari a Unity, che per rientrare delle perdite sta continuamente riducendo il proprio personale. Nel 2024 è stato annunciato un ulteriore piano di licenziamenti, che coinvolge circa 1800 dipendenti (25% della forza lavoro), che segue ai tre round già effettuati nel corso del 2023.
Discord
La popolare piattaforma di instant messaging ha annunciato il taglio del 17% della propria forza lavoro (170 persone), per via di una “crescita troppo rapida dell’azienda”, come curiosamente riportato dal CEO Jason Citron nel corso di una recente intervista concessa a The Verge.
Infineon
Infineon ha annunciato il taglio di 1400 dipendenti a livello globale, la maggior parte dei quali riferibili agli stabilimenti attivi in Germania, nell’ottica di un nuovo programma di delocalizzazione, che porterà all’assunzione di nuovi lavoratori in aree caratterizzate da un minor costo del lavoro.
Xerox
La holding Xerox, un punto riferimento nelle stampanti ed altri sistemi per l’ufficio, sta portando avanti un piano di ristrutturazione che prevede il taglio di 3100 dipendenti, pari al 15% della forza lavoro attiva nel 2023. L’azienda non ha tuttavia rivelato i dettagli relativi alle divisioni e alle aree regioni coinvolte da tale decisione.