VM e Container su un’unica piattaforma, la soluzione Red Hat OpenShift. Una tecnologia come la virtualizzazione ha segnato le principali tappe evolutive della storia dell’information technology. Nel tempo, il concetto fondamentale è rimasto sostanzialmente lo stesso: consolidare le risorse di computing, storage e networking dei server fisici per mettere a disposizione più ambienti IT contemporaneamente, ottimizzando sensibilmente i costi e le performance.

Il caso di virtualizzazione più celebre è tuttora rappresentato dalle macchine virtuali, server dotati di funzionalità analoghe rispetto alla loro controparte fisica. Tuttavia, oggi abbiamo a disposizione componenti virtuali specializzati su una sola funzione, come i container, e più in generale è possibile astrarre e rendere disponibile con successo qualsiasi componente del data center.

L’universo del “software defined” non conosce praticamente limiti, a condizione di saper gestire la complessità delle architetture ibride. Dal punto di vista dell’innovazione, non mancano le soluzioni capaci di semplificare enormemente la vita dei team IT. Grazie a Red Hat OpenShift è finalmente possibile eseguire VM e Container su un’unica piattaforma.

[TD SYNNEX e Red Hat offrono l’opportunità di approfondire una tematica molto importante: l’evoluzione delle tecnologie di virtualizzazione verso gli ambienti cloud ready e Hybrid IT. Proprio per questa occasione è stata studiata una serie di webcast che avranno modo di approfondire differenti aspetti, partendo da concetti di base fino ad arrivare ad approfondimenti tecnici. Scaricali qui!]

Dai mainframe IBM ai container Linux: come funziona la virtualizzazione IT oggi

I primi esempi pratici di virtualizzazione risalgono agli anni Sessanta, quando IBM cercava soluzioni per semplificare le procedure di configurazione dei propri mainframe. Il cuore della virtualizzazione è un software chiamato hypervisor, un layer funzionale al di sopra dell’hardware (bare metal), che ha il compito di definire una macchina virtuale sfruttando le risorse messe a disposizione dal server fisico su cui è installato.

Con la naturale evoluzione dei sistemi hardware e software, intervenuta nei decenni successivi, la virtualizzazione è stata estesa praticamente sui server di qualsiasi dimensione. Con la diffusione del cloud e delle architetture software a microservizi, sono nati i container, ambienti virtualizzati molto più semplici rispetto alle macchine virtuali, che sfruttano apposite piattaforme per essere eseguite al livello del sistema operativo, dunque ben più in alto rispetto a quanto consentito dai tradizionali hypervisor bare metal.

Con il passare del tempo, i data center hanno visto affiancarsi alle virtual machine tradizionali alcune tecnologie moderne, come i già citati container, divenuti l’ambiente IT di riferimento per lo sviluppo delle applicazioni cloud native e dei modelli di distribuzione CI/CD (continuous integration, continuous deploy).

Contrariamente a quanto accade nei tradizionali software monolitici, nella moderna architettura a microservizi, il disaccoppiamento dei componenti fondamentali consente ai team di sviluppo di lavorare sui singoli microservizi. Questo approccio, tipico del software moderno, consente innumerevoli vantaggi, soprattutto in termini di agilità, in quanto il singolo microservizio rimane indipendente dagli altri e può essere sviluppato da team differenti, utilizzando linguaggi differenti.

Come già citato, i container sfruttano tecnologie del OS Linux e non necessitano di un software hypervisor specifico come nel caso della virtualizzazione tradizionale. I kernel namespaces consentono l’isolamento e i cgroups il controllo delle risorse stesse.

La virtualizzazione avviene al livello del sistema operativo (Linux) e il container comprende solo BIN, librerie e tool necessari per eseguire le app (microservizi). Nel loro insieme, le applicazioni sono costituite da un insieme di microservizi che dialogano tra loro mediante apposite API.

Le piattaforme che creano e gestiscono i container si basano generalmente su un orchestratore. Esistono varie tecnologie di orchestrazione per i container, ma Kubernetes è diventato de facto lo standard open source di riferimento. Nel suo complesso, la piattaforma consente la gestione e l’esecuzione dei singoli pod. L’infrastruttura di virtualizzazione è composta da cluster (nodi) che ospitano un OS Linux, che ha il compito di gestire i componenti dell’infrastruttura stessa.

NOTA PER EDITOR – VEDERE SE POSSIAMO PUBBLICARE UNO DEI GRAFICI DEL WEBCAST, CHE SINTETIZZA L’ARCHITETTURA. CE NE SONO IN TUTTI E QUATTRO I VIDEO

I vantaggi della virtualizzazione

La virtualizzazione offre numerosi vantaggi nella gestione dell’infrastruttura IT, soprattutto quando questa viene configurata in maniera ibrida, attingendo a risorse on-premise e in cloud. Offrendo una sintesi essenziale, i vantaggi della virtualizzazione si profilano sul piano della riduzione dei costi, di una maggiore flessibilità, di un aumento di efficienza e di un incremento degli standard di sicurezza.

Riduzione dei costi:

  • Consolidamento dell’hardware: più VM possono essere eseguite su un singolo server fisico, riducendo l’esigenza di nuovi acquisti in condizioni di aumento del carico.
  • Ottimizzazione delle risorse: Le risorse hardware possono essere assegnate dinamicamente alle macchine virtuali in base alle esigenze, evitando sprechi, sfruttando al massimo le risorse disponibili su ciascun server fisico.
  • Minor consumo energetico: il consolidamento dell’hardware fisico si traduce in un minor consumo energetico, ivi compresi quelli legati ai costi di raffreddamento.

Maggiore flessibilità:

  • Scalabilità: Il numero e le risorse allocate sulle singole macchine virtuali possono essere aumentate o diminuite in base alle esigenze, adattandosi ai carichi di lavoro.
  • Portabilità: VM e container possono essere migrati da un ambiente IT all’altro, facilitando il trasferimento di applicazioni e dati.
  • Test e sviluppo: VM e container consentono di avviare rapidamente istanze relative ad ambienti di test e sviluppo isolati, senza sovrapporsi agli ambienti in produzione.

Aumento dell’efficienza:

  • Provisioning rapido: VM e container possono essere create e configurate rapidamente, eseguite in modo automatizzato, accelerando i tempi di distribuzione delle applicazioni.
  • Alta disponibilità: In caso di guasto di un server fisico, le VM possono essere migrate rapidamente su un altro server, minimizzando i penalizzanti periodi di downtime.
  • Gestione centralizzata: VM e container possono essere gestite da un’unica console, semplificando le operazioni di amministrazione, favorendo contestualmente la visibilità a livello IT.

Incremento della resilienza e della sicurezza informatica:

  • Backup e ripristino più semplici: la creazione di snapshot e backup di VM e container avviene in modo rapido e semplice, spesso con un semplice click sull’interfaccia della piattaforma di gestione.
  • Maggiore sicurezza: l’isolamento delle istanze aiuta previene la propagazione di eventuali malware e altre minacce alla sicurezza dell’applicazione.
  • Disaster recovery e migrazioni: la virtualizzazione dispone di tecnologie “a caldo” in grado di facilitare l’esecuzione dei piani di disaster recovery e delle strategie di migrazione.

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Come superare le sfide e le complessità dell’IT ibrido con Red Hat Openshift: finalmente VM e cointainer su un’unica piattaforma

La gestione della piattaforma consente importanti vantaggi lungo l’intero ciclo di vita dell’applicazione. Dallo sviluppo al deployment nei vari ambienti. Affidabilità, scalabilità e portabilità su diverse infrastrutture sono soltanto alcuni dei fattori positivi che abbiamo analizzato.

I data center vedono da un lato la presenza delle virtual machine tradizionali, dall’altro i container utilizzati dalle applicazioni cloud native. La complessità di gestione di un’infrastruttura virtualizzata ibrida appare evidente, in quanto i team IT e i team di sviluppo hanno esigenze per natura differenti, nelle tempistiche e nelle modalità di esecuzione del loro operato.

La piattaforma Red Hat OpenShift ha introdotto un concetto di virtualizzazione moderno e mirato a rendere più semplice possibile l’operato dei team IT nella gestione delle infrastrutture ibride. 

Red Hat OpenShift è una soluzione open source basata sullo standard de facto Kubernetes, che ha quale sistema operativo coreOS, una versione semplificata del celebre RHEL (Red Hat Enterprise Linux).

Una delle principali funzioni di Openshift, insita nella sua base concettuale, consiste nel rendere possibile la gestione e l’esecuzione simultanea delle VM tradizionali e dei container. Le VM vengono infatti gestite come oggetti omogenei e assimilate ai Pod.

OpenShift apre senza mezzi termini una nuova era della virtualizzazione, in cui viene meno la separazione tra la virtualizzazione tradizionale e i container. Un punto di forza fondamentale è inoltre dovuto al fatto che OpenShift non è una piattaforma estesa. Utilizza le funzioni standard di Kubernetes anche per la gestione delle VM.

In altri termini, OpenShift consente di eseguire le VM (sia Win che Linux) in container, come qualsiasi Pod, utilizzando il KVM hypervisor presente nella distro Linux RHEL CoreOS, comune comune a Red Hat Virtualization e OpenStack, le tecnologie di virtualizzazione tradizionali di Red Hat, con cui risulta altamente compatibile.

Tra i principali vantaggi offerti da OpenShift, oltre a quelli generici ottenibili mediante la virtualizzazione, ritroviamo funzioni di Live Migration, con tool che facilitano la conversione delle risorse precedentemente create con VMware e le soluzioni Red Hat tradizionali. 

OpenShift è in grado di automatizzare la creazione di VM e container sulla base di eventi specifici e dispone di funzioni di high availability, in grado di migrare VM e container per garantire la loro costante disponibilità anche nel caso in cui dovesse verificarsi il downtime di un server fisico.

Red Hat OpenShift e la modernizzazione delle applicazioni: i vantaggi di una piattaforma di virtualizzazione unificata

Moltissimi vantaggi legati all’utilizzo di Red Hat Openshift derivano dalla possibilità di poter automatizzare molte operazioni del ciclo di vita delle applicazioni. Un aspetto molto apprezzato è la sua capacità di favorire le strategie di migrazione dalle applicazioni, nell’ottica della loro modernizzazione.

La migration strategy consente infatti di rendere cloud ready le applicazioni basate sulla virtualizzazione tradizionale. Le app e la VM ospitante vengono trasferite su OpenShift senza particolari adattamenti. In un secondo tempo, è possibile effettuare una ulteriore migrazione verso un’architettura containerizzata, senza che avvengano nel frattempo variazioni per gli utilizzatori finali (l’interfaccia del front-end rimane la stessa).

Il vantaggio di questo approccio migratorio è quello di poter garantire un elevato livello di flessibilità, conciliando le esigenze dei team IT e dei team di sviluppo, che possono operare tra loro in maniera indipendente. È infatti possibile spostare i carichi di lavoro dalla piattaforma tradizionale su OpenShift anche senza aver completato la migrazione dell’applicazione.

In estrema sintesi l’adozione di una piattaforma di virtualizzazione di moderna concezione come Red Hat OpenShift consente di ottenere i seguenti vantaggi:

  • Facilitare strategia di modernizzazione (verso architetture basate su container)
  • Utilizzo di un’unica piattaforma di virtualizzazione per VM e cointainer.
  • Benefici di carattere commerciale, come la possibilità di installare RHEL su ogni VM senza costi aggiuntivi.
  • Maturità di soluzioni Open Source come KVM e KubeVirt.
  • Orchestrazione Kubernetes: funzioni di network connectivity, persistent storage, provisioning rapido delle VM con l’intero stack software, ecc. Sia per i pod che per le VM.
  • Utilizzo degli standard Open Source di Kubernetes: CNI (container network interface), CSI (container storage interface), CRD (custom resource definition).
  • Mantenimento della validità di moltissimi ambienti certificati su Red Hat Virtualization e OpenStack, le tecnologie di virtualizzazione tradizionali di Red Hat.

[TD SYNNEX e Red Hat offrono l’opportunità di approfondire una tematica molto importante: l’evoluzione delle tecnologie di virtualizzazione verso gli ambienti cloud ready e Hybrid IT. Proprio per questa occasione è stata studiata una serie di webcast che avranno modo di approfondire differenti aspetti, partendo da concetti di base fino ad arrivare ad approfondimenti tecnici. Scaricali qui!]

IT ibrido e virtualizzazione: VM e Container su un’unica piattaforma, la soluzione Red Hat OpenShift ultima modifica: 2024-09-27T16:41:00+02:00 da Francesco La Trofa

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