Ogni giorno nel mondo si spediscono miliardi di e-mail e, dagli smartphone, si scattano milioni e milioni di fotografie, tenendo da parte sia quelle buone che quelle sfocate.
Tra didattica a distanza ed espansione del remote working, i numeri sono in continua crescita e si registra negli utenti, una crescente difficoltà nel selezionare quello che è veramente importante.
Di conseguenza si tende a conservare tutto, non avendo contezza degli effetti che ciò comporta. L’atteggiamento descritto riflette quello del disturbo d’accumulo che caratterizza di chi non butta via mai niente e arriva addirittura a uffici o appartamenti. Riportando il discorso all’ambito IT si sta diffondendo sempre di più la figura degli accumulatori digitali. Di chi si tratta e che relazioni hanno con il mondo cloud?
Chi sono gli accumulatori digitali?
Iniziamo col dire che è difficile individuare chi non intende separarsi dagli oggetti. Ne si viene a conoscenza solo quando determinati ambienti iniziano a diventare ingestibili.
Allo stesso modo, agiscono in sordina gli accumulatori digitali rendendo stracolmi computer e hard disk, un qualcosa che viene a galla, ad esempio, in caso di guasti tecnici.
Gli accumulatori digitali passerebbero ore a sistemare immagini e documenti facendone diverse copie, una procedura che finirebbe per isolarli dal mondo esterno, causando al contempo ansia e stress. A far presente il loro stato sono stati, in alcuni casi, i familiari e ne è venuto fuori che, il più delle volte, c’era l’autoconsapevolezza di una prassi fine a sé stessa ma il soggetto non riusciva a fare diversamente.
Accanirsi su questa direzione crea ripercussioni con i colleghi in azienda accentuando, d’altro canto, il legame con testi o altri contenuti.
Considerare tutto come indispensabile porta ad avere desktop sommersi e, al momento opportuno, si rischia di non trovare quello che si cerca perché troppo nascosto. Stessa riflessione va fatta per l’organizzazione della posta elettronica dove, talvolta, un’eccessiva divisione per argomento finisce per produrre solamente dispersione.
Gli accumulatori digitali e le relazioni con il mondo cloud
Il continuo accesso ad immagini e messaggi può portare, come abbiamo visto, al loop degli accumulatori digitali. Le tante possibilità di archiviazione, soprattutto online, danno spesso la percezione di uno spazio infinito.
Così, mentre in una casa il posto per gli oggetti che si possiedono è limitato, la stessa regola sembra non valere per file e programmi.
Eppure, non c’è niente di sbagliato nel cancellare un documento che non andremo più a consultare. A questo si aggiunge una motivazione etica se pensiamo che l’adozione del cloud richiede molta energia che sarebbe meglio spendere per backup veramente utili per il futuro.
Un altro luogo comune è proprio la sensazione di illimitatezza poiché in realtà i dati confluiscono sempre in server fisici che, Strasburgo insegna, possono essere soggetti a vari pericoli.
Nelle imprese, in modo particolare, conviene lasciare gigabyte disponibili per cartelle veramente importanti ed effettuare una periodica pulizia per quanto riguarda il resto.
La questione include il mantenimento della cloud security nelle imprese perché più è piena la memoria di un dispositivo, maggiori saranno le possibilità per un hacker di intrufolarsi nel nostro sistema.
Accanto alla privacy per avere sistemi snelli ed efficaci, occorre seguire politiche aziendali che limitino, almeno sul luogo di lavoro, l’eccessivo collezionismo degli accumulatori digitali.