Quarta puntata della nuova rubrica multipiattaforma #TDVMware in collaborazione con Tech Data e VMware. Un appuntamento esclusivo dedicato alle competenze, al valore e all’innovazione che oggi servono a tutti i migliori operatori dell’ecosistema ICT per portare, sul territorio, il digitale che le imprese chiedono e cercano.
Trovate qui le puntate precedenti:
– Certificazioni informatiche ecco le più richieste, la mappa completa
– Distributori ICT: tendenze e prospettive per il 2022
– Cos’è il multicloud e perché in “multi” è meglio
Il numero di cloud provider locali è in crescita. Nonostante non esista (ancora) una mappatura completa della situazione locale, il dato si può considerare certo.
Tutte le analisi sul mercato dei cloud provider si concentrano sul suo valore economico, senza misurare la crescita di fornitori e infrastrutture dedicate. Sappiamo dall’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano solo che il mercato cloud italiano nel 2021 sta raggiungendo i 4 miliardi di euro, con un incremento del 16% rispetto al 2020. All’interno della ricerca del Politecnico di Milano, però, ci sono delle indicazioni che, indirettamente, ci fanno capire che l’infrastruttura (fisica) sta crescendo di interesse.
In particolare, la crescita a volume dei cloud provider locali si evince da questi dati dell’Osservatorio:
- Il Virtual & Hosted Private Cloud, cioè i servizi infrastrutturali residenti presso fornitori esterni, raggiunge gli 814 Milioni di euro (+11%).
- I servizi Platform as a Service (PaaS) registrano la miglior dinamica (+31%, raggiungendo i 390 milioni di euro), seguiti dai servizi IaaS (+23%).
L’apprezzamento del mercato per ambienti misti – ibridi o multicloud – è un’ulteriore conferma, così come il prossimo sorpasso del cloud rispetto all’on premise. Segnaliamo, inoltre, che per il sito datacentermap i data center in colocation presenti in Italia sono 80 e, in generale, dove c’è un data center ci sarà uno o più cloud provider che vi si appoggiano.
Chi sono i cloud provider
La definizione sintetica è semplicemente una traduzione: i cloud provider sono dei fornitori di ambienti e tecnologia cloud.
Per descrivere la figura dei cloud provider locali, è necessario fare dei distinguo. Un’azienda che vuole migrare al cloud può scegliere tra un cloud provider con un data center di proprietà e uno che fornisce servizi cloud appoggiandosi a un data center esterno. Questi ultimi, i più numerosi, possono anche lavorare solo con i principali hyperscaler (AWS, Microsoft Azure, Google Cloud) fornendo servizi su cloud pubblico. A tutti gli effetti si tratta di Managed Service Provider, specializzati in ambienti cloud.
C’è da aggiungere che, proprio perché il mercato chiede sempre di più ambienti misti, i cloud provider che lavorano solo con gli hyperscaler dovranno a breve mettere a portafoglio anche un’offerta di cloud privato. Gli stessi hyperscaler si stanno muovendo verso questa direzione, “privatizzando” alcune parti di data center prese in affitto. Sono i luoghi fisici, chiamati anche Region e che, anche in Italia, si stanno diffondendo a macchia d’olio. La motivazione è una sola e si chiama “data sovereignty”, ovvero la garanzia sulla localizzazione (in Europa) dei dati delle aziende clienti.
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In effetti, c’è molto fermento tra gli hyperscaler, tra acquisizioni, aperture di Region e partnership con i fornitori leader di servizi cloud. Recente, per esempio, è la notizia dell’estensione della partnership tra Google Cloud e VMware. Il nuovo accordo prevede l’utilizzo del programma VMware Cloud Universal per sfruttare i vantaggi di Google Cloud VMware Engine. In questo modo, le aziende clienti dell’hyperscaler beneficeranno di una maggiore flessibilità finanziaria, della capacità di accelerare le migrazioni nel cloud e di modernizzare le applicazioni enterprise in Google Cloud.
VMware, leader indiscusso nelle piattaforme di supporto alla migrazione in cloud, in questo modo consolida e accresce le partnership con gli hyperscaler più utilizzati (AWS, Microsoft Azure, Google Cloud). Ma non solo, l’azienda americana non si ferma agli hyperscaler, lavorando anche in collaborazione con il distributore Tech Data e i suoi partner di canale. La direzione è, dunque, di ampliare la propria offerta, rendendola disponibile al maggior numero di cloud e managed services provider.
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Cosa fanno i cloud provider locali
Chiarito cosa sono e come si muovono i cloud provider, vediamo qual è il loro ruolo. Un’azienda si rivolge a un cloud provider per sviluppare un (generico) progetto di migrazione al cloud. A seconda delle esigenze di business, dell’infrastruttura It preesistente, dei carichi di lavoro e del parco di applicazioni, il cloud provider si trasforma velocemente in un fornitore di tecnologia a 360 gradi.
Sarà lui a costruire il progetto e a occuparsene in toto. Come detto, però, un cloud provider può anche solo fornire servizi applicativi cloud native. In questo caso è anche definibile come managed service provider, che sia di servizi cloud è pressoché ridondante.
A seconda delle sue esigenze, l’azienda cliente sceglierà tra le diverse modalità as-a-service. In tutte, in ogni caso, la componente di elaborazione, di storage e di networking, che ovviamente si poggia su hardware e luoghi fisici, sarà totalmente in gestione del fornitore.
Come si scelgono i fornitori cloud
Quali considerazioni dovrebbe fare un’azienda nella scelta di un fornitore cloud? In primo luogo, si devono avere le idee chiare sul tipo di servizio voluto. Si vuole trasferire in outsourcing l’intera infrastruttura It? Oppure si vuole migrare una piattaforma applicativa? O, ancora, convertire le applicazioni in servizi cloud native? O indirizzare un servizio di disaster recovery verso un cloud privato?
Per ognuno di questi progetti, è consigliabile affidarsi a un cloud provider. Che sia un hyperscaler, un fornitore con data center di proprietà, un managed service provider. Ciò che si dovrebbe considerare, inoltre, è la “data sovereignty”. Ovvero, in fase di scelta, avere garanzie precise su dove geograficamente sono archiviati i dati e le applicazioni. Una garanzia da pretendere anche in caso di applicazioni e dati mission critical.