Fine febbraio 2020, emergenza sanitaria: la giornalista del Tg1 deve ancora chiarire cosa è lo Smart Working. E via con lo spiegone standard: una modalità di lavoro da casa. La verità non è questa. Perché Smart non vuol dire Home o, se vogliamo, perché di Smart Home qui neanche l’ombra.
Per capire cosa è lo Smart Working, cosa è realmente, iniziamo a sviscerare il termine Smart. La traduzione più immediata potrebbe essere “intelligente” e, per i nostri intenti, è già qualcosa. Lavoro intelligente, ovvero una modalità di lavoro svolta in maniera intelligente, non solo da casa, non da remoto, ma intelligente, che è molto diverso.
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Fa Smart Working chi, da casa, da un bar, da un coworking, svolge il proprio lavoro come se fosse in sede. Ebbene, ci sono diversi modi di svolgere il proprio lavoro da un luogo che non sia la sede della propria azienda. E, probabilmente, il modo con cui la maggior parte delle persone intende lo Smart Working non è propriamente corretto.
Cosa è lo Smart Working? Niente che ha a che fare con WhatsApp
Vediamo, allora, 10 errori da evitare per considerare la propria modalità di Smart Working un effettivo e valido sostituto di quella che si svolge in azienda. L’errore più grande? Mettere a repentaglio la sicurezza della rete aziendale con un utilizzo scellerato di strumenti inopportuni e non protetti su reti non sicure.
1. La telefonata su WhatsApp
Prendi una qualsiasi applicazione per chat – WhatsApp, Telegram, il Messenger di Facebook – e usala per improvvisare una videochiamata con un cliente, un fornitore o un partner. Bene, lo stai facendo malissimo. Di quella chiamata, degli accordi presi, non resterà traccia ufficiale e, in più, stai trasmettendo una superficialità che non fa onore né a te, né alla tua azienda.
2. E quella su Skype
D’accordo, Skype, o meglio Skype for Business, è qualcosa di più di WhatsApp. Puoi condividere in tempo reale i documenti, chattare mentre sei in videoconferenza, condividere la presentazione sul tuo computer. Ma è pur sempre Skype, e ci sarà un motivo per cui Microsoft lo nomina con vaghezza. Anche in questo caso, usare uno strumento non completo non fa di te uno Smart Worker.
3. Vado, ma poi torno
C’è sempre quella parolina, Working, che ti frega: lavoro. Stare a casa è un attentato alla produttività, inutile crearsi alibi e sventolare studi sui benefici di essere Smart, sul divano, in pigiama, alle 11 di mattina. Se anche sei la persona più ligia in circolazione, le distrazioni a cui sei sottoposto sono tantissime. Soprattutto se, come nel caso del Coronavirus, intorno a te si aggira una ciurma di beata gioventù. Così, sei sicuro di essere always on durante l’orario di lavoro? Non basta presiedere virtualmente alle riunioni. Evita di sparire al supermercato, al bar, a correre, o di concederti una pausa pranzo su Netflix di due ore (dedicato ai Millennials).
4. Chi mi vede
La videoconferenza ha il suo perché. In una trattativa commerciale, ma anche durante una riunione per il budget, la componente video è fondamentale. Dal linguaggio del corpo dell’interlocutore può dipendere il successo della trattativa o di una proposta. Da una espressione del viso dipende il vero significato di una frase. Quindi, prima di metterci davanti al computer, assicuriamoci di presentarci esattamente come se fossimo a lavoro e riserviamo il pigiama alla notte.
5. Chi mi sente
Altra questione non da poco, se si vuole distinguere tra cosa è lo Smart Working e cosa non lo è, riguarda il sonoro. Avere in sottofondo il reaggeton intonato dalla ragazza che ci aiuta nelle pulizie durante la riunione con il capo per la definizione del budget non è consigliabile. Anche perché è un attimo che si passi al suono dello sciacquone. Accertiamoci di essere il più possibile isolati acusticamente, anche dai rumori del traffico e dalle urla di bagnanti in festa.
6. L’alibi degli strumenti
Non hai una stampante a casa? Bene, hai finalmente l’opportunità di capire che il 90% dei fogli che stamperesti in azienda solo per farti un giretto e perdere un po’ di tempo, potresti tranquillamente tenerlo sul Pc e fare qualcosa per l’ambiente. Hai il portatile aziendale, ma non hai un secondo schermo, non hai tastiera e mouse esterni, insomma, non hai gli strumenti per produrre qualità, secondo te. Scommettiamo che il Pc che hai comprato a tuo figlio è molto più prestante del laptop aziendale? Chiediti perché.
7. L’alibi della connessione
A casa, Internet non funziona come in ufficio, dunque giustificatemi. Ma, scommetto che non hai nessun problema a guardare Netflix o a giocare alla Playstation con tuo figlio in vacanza da scuola. E, se per caso ti va in time out Netflix in pausa pranzo, crocifiggi l’Internet provider sui social. Ti diamo una notizia: per la maggior parte delle attività lavorative – certo non per progettare un grattacielo tra le nuvole (!) -, la connessione Adsl è più che sufficiente. A patto che si eviti di avere iPad, Playstation, Smart Tv e tutti gli smartphone di casa connessi contemporaneamente allo stesso WiFi e in sessione video.
8. Non monitorare gli obiettivi
Il più grande dilemma che riguarda lo Smart Working è la misurazione degli obiettivi. Come fare a dimostrare che lo Smart Working non si è trasformato in un cazzeggio di una o due settimane? Dipende dal tipo di lavoro, certo. Un giornalista freelance che deve consegnare un pezzo ha una scadenza precisa, un consulente non può ammalarsi e deve fatturare. Ma chi sta gestendo un progetto articolato? Nascondersi dietro il dito dell’emergenza ritardando tutto e tutti non trasmette serietà e fa scendere la reputazione personale tra i tuoi interlocutori. Al contrario, in modalità Smart Working gli step di verifica dell’avanzamento lavori dovrebbero essere molto più frequenti. E se l’azienda non fornisce tool adeguati, pretendiamoli, per tutelare la qualità e la reputazione dell’azienda.
9. La sicurezza prima di tutto
Piuttosto che preoccuparsi della qualità della connessione ci si dovrebbe preoccupare di come si stabilisce la connessione tra il proprio computer e la rete aziendale. Che si sia in un coworking, in un bar o a casa, stabilire il collegamento con applicazioni e servizi aziendali da una rete di cui sappiamo ben poco è un grosso rischio e gli hacker nello Smart Working ci sguazzano. Fondamentale, almeno, utilizzare la VPN che l’azienda deve metterti a disposizione. E fondamentale accertarsi che ogni accesso a ogni servizio aziendale sia protetto a due fattori e la comunicazione sia sempre criptata.
10. Non usare gli applicativi giusti
Dulcis in fundo, dopo la sicurezza, elemento assolutamente prioritario in caso di lavoro da remoto, riflettiamo sui servizi e gli applicativi fondamentali per rendere realmente Smart un lavoro da remoto. L’obbligo di lavorare lontano dall’azienda può essere l’occasione perfetta per trasferire ai dipendenti il vero significato del termine Digital Workspace e per introdurne uno ancora più potente: Team Collaboration.
Dimentichiamoci applicativi diversi, servizi diversi, accessi diversi. Immaginiamo un’attività lavorativa il cui perno è un’unica soluzione che integra tutte le funzionalità di collaborazione e si connette automaticamente a tutti i silos applicativi presenti in azienda. Una piattaforma che si avvia all’accensione del Pc.
Si chiama Team Collaboration. Non citeremo nessuna soluzione specifica: chi più chi meno, tutte sono meglio di Skype for Business. Lo Smart Working è uno dei pillar su cui si basa la progettazione di una piattaforma di Team Collaboration. Che deve essere un servizio fruibile da ovunque e da qualsiasi dispositivo. Con le giuste garanzie di sicurezza e, soprattutto, con la certezza che il flusso di comunicazione con clienti, partner, fornitori e team interno, sia totalmente “interpretato” e “indicizzato”.
Ciò significa, poter risalire facilmente a tutti gli step di un progetto, definire scadenze, gruppi di lavoro, condividere e modificare documenti sul cloud in sicurezza. Ricercare e collegare documenti relativi a una conversazione, costruire un dossier in tempo reale mentre si è al telefono con il cliente o con il fornitore, scoprire tutto sul tuo interlocutore grazie agli algoritmi di Intelligenza Artificiale e ai connettori Api tra la piattaforma di Team Collaboration e gli applicativi preesistenti (Crm, Erp, Supply Chain ecc.).
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