Data Driven marketing o meglio il marketing guidato dai dati o meglio ancora la capacità si sviluppare nuove e straordinariamente dirette relazioni con i propri clienti grazie all’analisi delle informazioni. È la rivoluzione digitale bellezza! Una rivoluzione mai come oggi guidata, trainata, basata sulle informazioni digitali e, soprattutto, sulla capacità di governarle, capirle, gestirle, metterle al sicuro.
Una rivoluzione mai così strategica e attuale per imprese di ogni forma e dimensione, una rivoluzione che, non a caso, lo scorso 20 novembre ha avvolto il museo Alfa Romero di Varese diventando protagonista assoluta dell’attesissimo Micro Focus Summit 2019.
Un evento che ha fatto il tutto esaurito, oltre 250 tra imprese, manager e partner in sala, e che ha messo sul palco casi concreti di imprese italiane alle prese con la sfida della gestione delle informazioni, della loro sicurezza, dell’integrazione in ambienti cloud ibridi e ancora i più importanti esperti di trasformazione digitale.
Tra gli speaker più attesi c’era sicuramente Giuseppe Mayer uomo chiave della comunicazione in Italia e, soprattutto, Chief Innovation Officer del Gruppo Armando Testa. Proprio Giuseppe ha avuto il compito di raccontare a imprese, professionisti, manager in sala come cambia il marketing dopo il digitale… a margine di un simile evento, e dopo avere concluso uno speech seguitissimo, lo abbiamo raggiunto in esclusiva per farci raccontare come e cosa vuol dire Data Driven Marketing e perché al Museo Alfa Romeo il suo intervento ha avuto così tanti consensi.
Data Driven Marketing, come raccontare la trasformazione digitale
Giuseppe come si racconta alle imprese la trasformazione digitale? Quali gli errori da non fare e quali i linguaggi più corretti?
«La trasformazione digitale può essere raccontata come la più grande opportunità di crescita e sviluppo per le imprese da quando nel secolo scorso l’energia elettrica si è affermata come tecnologia dominante – spiega Mayer -.
Esattamente come con l’elettricità la componente strettamente tecnologica è solo uno dei possibili aspetti che vanno analizzati per provare a capire come sfruttare appieno questo potenziale. Credo anzi che il primo mito da sfatare quando si parla di Trasformazione Digitale sia proprio quello per cui si tratti di una “semplice” evoluzione tecnologica; chiaramente comprendere quelle che sono le caratteristiche offerte dall’innovazione portata dal digitale è un passaggio fondamentale, ma senza una revisione della propria business strategy questi strumenti rischiano di non portare i risultati desiderati.
Tutte le aziende, indipendentemente dalle proprie dimensioni o dal proprio settore di riferimento, devono oggi mettere alla prova la propria capacità di generare valore e di catturarlo in un mondo sempre più frammentato e dove l’accelerazione del cambiamento sembra essere l’unica costante. In questo quadro una digital/data strategy può rappresentare un alleato importante consentendo non solo di ottimizzare processi esistenti, ma anche, e forse sarebbe meglio dire soprattutto, permettendo di ideare, valutare e implementare nuovi modelli di valore che queste tecnologie rendono possibili».
Cos’è il Data driven e perché è importante per il marketing
I dati sono il vero motore del “nuovo” marketing digitale ma, più in generale, cosa vuol dire davvero impostare una azienda e il suo business/processi in ottica data driven?
«Dal mio punto di vista nei prossimi anni sul mercato ci sarà spazio solo per due tipi di aziende; da un lato le data managed, ovvero quelle che sapranno utilizzare i dati per migliorare sistematicamente le proprie performance, ottimizzare i propri risultati, rendere più efficienti le campagne di marketing e fornire informazioni rilevanti in tempo reale, ad esempio nell’ambito dei risultati finanziari dell’azienda.
Dall’altro lato vedremo sempre di più aziende di successo che potranno essere descritte come data company, ovvero aziende in cui il vero prodotto/servizio sono i dati stessi. Questi saranno alla base del valore che l’azienda sarà in grado di generare e potranno essere utilizzati anche per innovare il proprio modello di business fino a diventare uno degli asset centrali dell’intera organizzazione.
Sarà importante anche spingere verso cambiamenti di natura organizzativa; ad esempio la centralità degli a/b testo nello sviluppo degli asset digitali porterà inevitabilmente a rivedere il ruolo e le funzioni dei product manager, ma credo che questi sia solo l’inizio»
Così il data driven cambia le relazioni con i clienti
Come e quali sono i dati, digitali, più preziosi che un’azienda deve raccogliere per costruire una nuova relazione con i propri clienti?
«Credo che la prima cosa che una azienda dovrebbe fare rispetto ai dati è un serio assessment di quelle che sono le risorse esistenti all’interno dell’organizzazione; dati di valore possono essere dovunque e magari sono già oggi registrati, ma non organizzati e resi fruibili. Questo passaggio iniziale è cruciale perché consente anche di valutare la distanza che c’è tra il bisogno informativo che deriva dalla strategia di business e quello che oggi è a disposizione.
Si parte quindi sempre dalla strategia dell’azienda ed è da li che anche i dati devono essere valutati; è vero che con il digitale tutto può essere dato, ma i dati non sono tutto e selezionare quelli che concretamente devono essere raccolti e gestiti è tanto importante quanto il contenuto stesso dei dati e il loro valore informativo o di insight».
L’Italia e la cultura dei dati per “prevedere” e decidere meglio
Quanto è davvero diffusa in Italia oggi la logica e la cultura dell’analisi predittiva per avere tra le mani informazioni di maggiore qualità, prima del tempo e, di conseguenza, prendere decisioni migliori nelle strategie di coinvolgimento di clienti e imprese?
«Mettiamola così; essendo io un inguaribile ottimista diciamo solo che il potenziale è davvero grande. Abbiamo nel nostro paese società di dimensioni anche molto significative che ancora non si sono neanche poste il problema di cosa hanno internamente come informazioni a disposizione per analisi periodiche, figurarsi quelle predittive.
C’è quindi tanto ancora da fare, ma il tempo sta diventando sempre di più un fattore cruciale; è necessario iniziare ora il processo di comprensione e assessment se non si vuole concretamente correre il rischio di essere tagliati fuori dalla prossima disruption di business».
Giuseppe che cosa hanno capito le imprese italiane della trasformazione digitale?
«Hanno di certo capito che si tratta di un percorso e di una grande opportunità; la sfida è stata lanciata e l’Italia, questa volta, non può restare a guardare»