In un periodo di grande aspettativa nei confronti dell’intelligenza artificiale, l’ultimo report sulla generative AI pubblicato da Goldman Sachs solleva più di qualche interrogativo agli occhi degli investitori di tutto il mondo. Lo fa dando voce a diversi punti di vista, più o meno favorevoli alla vertiginosa corsa alla AI: miliardi di dollari e un impatto ambientale senza precedenti. Ne vale davvero la pena? O stiamo assistendo all’ennesima bolla basata sulle tecnologie emergenti?

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Spese enormi, ma quale ritorno dell’investimento?

Attualmente, le principali corporation e venture capitalist di tutto il mondo stanno investendo miliardi di dollari per supportare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il training di modelli AI come GPT-4 richiede cifre astronomiche e il lavoro dei data center produce quotidianamente un impatto in termini ambientali decisamente elevato per l’ecologia del pianeta.

Alla luce di questa evidenza, l’autorevole istituzione finanziaria Goldman Sachs, nel suo ultimo report dedicato alla generative AI, si pone pertanto una serie di interrogativi, per capire se questa corsa alla AI potrà un giorno rivelarsi effettivamente redditizia, dato per scontato che in questa fase non lo sia affatto e che big tech come Microsoft, Nvidia, Google e Amazon stanno investendo soprattutto nell’ottica di acquisire un vantaggio competitivo nel medio termine, esattamente come è avvenuto nel caso del cloud computing.

Per avere una percezione dell’ordine di grandezza, secondo le stime di Sequoia Capital, per rientrare nelle spese relative allo sviluppo della AI a livello globale, l’intero settore avrebbe bisogno di capitalizzare ben 600 miliardi di dollari all’anno.

Goldman Sachs ha messo a confronto il parere di vari esperti, che si dividono inevitabilmente tra scetticismo e ottimismo in merito al ritorno degli investimenti effettuati per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Gli scettici della generative AI: impatti ridotti a fronte di spese enormi e capacità non paragonabili ad una vera AGI

Tra gli esponenti più critici nei confronti della generative AI figura Daron Acemoglu, docente del MIT, che contraddice apertamente le stime degli economisti di Goldman Sachs, che prevedono un incremento di produttività del 9% e un impatto positivo sul PIL degli Stati Uniti del 6,1% per l’anno in corso.

Secondo Acemoglu, tali stime sarebbero da rivedere ampiamente al ribasso, rispettivamente nell’ordine dello 0,5% e dell’1% e soprattutto sarebbe tutt’altro che certo che i continui investimenti per ottenere modelli AI sempre più performanti possano garantire di raggiungere gli obiettivi attesi dalla AGI (Artificial General Intelligence).

Secondo il celebre ricercatore del MIT, secondo quanto riportato dallo studio di Goldman Sachs, infatti: “La cognizione umana comprende molti tipi di processi cognitivi, input sensoriali e capacità di ragionamento. I modelli di linguaggio di grandi dimensioni (LLM) si sono fin qui dimostrati più impressionanti di quanto molti avrebbero previsto, ma è davvero necessario un grandissimo atto di fede per credere che la capacità di prevedere la parola successiva in una frase (principio su cui si basa il funzionamento dei LLM attuali, NdR) possa raggiungere un’intelligenza pari a quella di HAL 9000 in 2001: Odissea nello spazio […]. È quasi certo che gli attuali modelli AI non raggiungeranno nulla di simile a un’impresa del genere, almeno nei prossimi dieci anni“.

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Ottimismo e cautela: occorre tempo, ma la generative AI ripagherà con gli interessi

Il parere del professor Daron Acemoglu viene ribattutto dal parere di altri esperti, le cui analisi si dimostrano decisamente più concilianti in merito agli impatti e alle sorti degli investimenti sull’intelligenza artificiale generativa. È il caso degli analisti senior Kash Rangan e Eric Sheridan, entrambi in forza alla stessa Goldman Sachs.

Kash Rangan insiste sul naturale ciclo evolutivo di una tecnologia così dirompente, il cui percorso potrebbe seguire quello già effettuato dal cloud computing: “Ogni ciclo di sviluppo tecnologico segue una progressione nota come IPA: prima l’infrastruttura, poi le piattaforme e infine le applicazioni. Il ciclo dell’IA attualmente si colloca nella fase di sviluppo dell’infrastruttura. Per questo motivo, trovare l’applicazione killer richiederà certamente del tempo, ma ci sono tutti i presupposti necessari per arrivarci“.

Eric Sheridan manifesta un concreto ottimismo proprio a fronte della tipologia degli investimenti effettuati sulla AI: “Il ciclo di CAPEX (spese in conto capitale) attualmente in corso sulla AI appare più promettente e rassicurante rispetto a quanto accaduto in passato, perché gli investimenti vengono sostenuti dai colossi della tecnologia, non da semplici start-up. Le probabilità che la AI diventi mainstream sono certamente elevate“.

Sheridan fa riferimento al fatto che mentre la prima fase degli investimenti sulla AI erano condotti da promettenti AI Lab come Deepmind o la stessa OpenAI, ora queste realtà hanno alle spalle una solidità economica senza precedenti: “Società Google e Microsoft – analizza Sheridan – hanno accesso a enormi quantità di capitale, con costi molto bassi, e possono contare su reti di distribuzione e basi di clienti enormi, che consentono loro di sperimentare moltissimi meccanismi per generare un ritorno economico“.

Generative AI: ennesima bolla tecnologica o reale opportunità di sviluppo globale? Il nodo cruciale della sostenibilità

Oltre a mettere a confronto punti di vista diametralmente opposti in merito ai possibili ritorni di investimento dell’intelligenza artificiale generativa, Goldman Sachs entra nel merito delle principali sfide da affrontare affinché questa tecnologia emergente possa affrontare con successo quel percorso di democratizzazione indispensabile per diventare a tutti gli effetti mainstream.

Se da un lato colossi come Nvidia, Intel e AMD hanno superato i problemi di chip shortage degli anni precedenti, assicurando tutta la potenza elaborativa necessaria per il training dei modelli AI, rimane il problema legato agli enormi consumi energetici dei data center che ospitano le farm dedicate al calcolo.

Secondo Goldman Sachs, attualmente Nvidia riesce ad evadere gli ordini di GPU per i data center nell’ordine di circa due mesi, a fronte degli undici richiesti nel 2022, ma nel frattempo l’hardware non ha certamente ridotto i propri consumi.

Una singola GPU dedicata al calcolo della AI, secondo le stime dell’autorevole ente finanziario statunitense, potrebbe richiedere circa 3,7 MWh di energia all’anno. Tale dato, moltiplicato per le GPU vendute nel corso del 2023, equivale ad un consumo elettrico pari a quello generato nell’anno solare da “1,3 milioni di famiglie americane medie”.

Goldman Sachs ha inoltre evidenziato l’impegno in atto in vari stati per costruire nuovi data center, di enormi dimensioni, basati sulle energie rinnovabili, oltre a prendere in considerazione l’impiego di nuove fonti di energia, come quella garantita dalle centrali nucleari modulari. Il discorso sul fronte energetico è più che mai aperto. L’unica certezza, ad oggi, è il fatto che l’intero settore sia chiamato a ridurre sensibilmente l’impatto economico ed ambientale generato dal calcolo delle AI.

Nelle proprie conclusioni, Goldman Sachs afferma che i tempi non sono ancora sufficientemente maturi per stabilire con certezza se la AI avrà un successo simile a quello riscontrato da Internet e dall’e-commerce, o si rivelerà una bolla mediatica come i televisori 3D e la realtà virtuale consumer, ben presto ricadute nell’oblio.

Il report di Goldman Sachs ammette come alcune delle promesse relative alle potenzialità della AI siano fin qui state mantenute e che, in ogni caso un certo scetticismo rimane giustificabile per il fatto che le bolle speculative impiegano sempre diverso tempo prima di esplodere in un nulla di fatto.

[Clicca qui per approfondire nel dettaglio l’analisi che Goldman Sachs ha recentemente dedicato all’intelligenza artificiale generativa.]

Generative AI, la frenata di Goldman Sachs: costosa, inaffidabile e troppo energivora ultima modifica: 2024-07-22T10:42:15+02:00 da Francesco La Trofa

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