Innovazione e employee satisfaction del luogo di lavoro: la ricerca di VMware. Nel 2020, la pandemia Covid-19 ha portato le aziende ad adottare modelli di lavoro ibrido, che prevedono sia la tradizionale presenza presso le sedi di lavoro dell’azienda che la modalità da remoto, che consente ai dipendenti di accedere “anytime, anywhere” ai sistemi e ai dati secondo i privilegi autorizzativi a loro riservati.
Al di là di tutte le implicazioni sul piano dell’efficienza produttiva e della sicurezza informatica, a distanza di oltre due anni le aziende si interrogano anche su un altro fondamentale aspetto: il livello di innovazione e creatività introdotto dalle metodologie di lavoro ibrido.
In merito a tale tema, fondamentale nell’era della trasformazione digitale, VMware ha commissionato a Vanson Bourne una ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati nel report The Distributed Work Dilemma: When Innovation and Job Satisfaction Compete, liberamente scaricabile cliccando qui.
Gli aspetti più rilevanti della ricerca evidenziano come aziende e dipendenti la pensino piuttosto diversamente circa gli aspetti relativi all’innovazione del lavoro. Vediamo il perché.
Innovazione vs employee satisfaction: obiettivi e metodologia della ricerca
Il primo risultato che salta all’occhio sfogliando i risultati della ricerca The Distributed Work Dilemma: When Innovation and Job Satisfaction Compete, il 62% degli intervistati ritiene che l’organizzazione sia più innovativa quando i dipendenti lavorano prevalentemente in ufficio. Tale dato risulta sensibilmente inferiore nel caso della situazione italiana, dove tale sentimento viene rilevato soltanto dal 48% degli interessati.
Innovazione e soddisfazione dei dipendenti, in relazione al luogo del lavoro, costituiscono dunque un aspetto molto delicato, soprattutto per via della quantità di variabili e sfaccettature che lo contraddistinguono. Uno degli obiettivi principali della ricerca risiede pertanto nel comprendere se e quando la possibilità di lavorare in maniera ibrida e più o meno flessibile incida in maniera sostanziale sull’innovazione delle aziende e sulla employee satisfaction.
L’indagine è stata condotta da Vanson Bourne e commissionata da VMware – raccogliendo dati a livello globale da 5.300 responsabili delle risorse umane, dell’IT e delle decisioni aziendali, e da intervistati a livello di dipendenti, tra luglio e agosto del 2022.
Innovazione del luogo di lavoro: i pareri di aziende e dipendenti
Lo studio The Distributed Work Dilemma: When Innovation and Job Satisfaction Compete, fortemente voluto da VMware, evidenzia come le opinioni degli intervistati sul luogo in cui si sentono più innovativi siano in contrasto con il luogo in cui preferirebbero lavorare.
In particolare, l’81% degli intervistati in area EMEA esprime maggior soddisfazione quando non gli vengono assegnati vincoli rigidi sulla scelta del luogo da cui lavorare. Il caso italiano si allinea con la media europea, rilevando il 79% delle preferenze.
Le aziende che hanno avuto modo di sperimentare concretamente politiche di lavoro ibride, in cui è realmente possibile lavorare sia in ufficio che da remoto, hanno notato delle conseguenze positive sulla qualità del lavoro stesso. Tra i principali benefici, il report di VMware cita l’aumento del morale (56%), della creatività (52%) e della collaborazione (53%) all’interno dei team di lavoro, almeno rispetto alla situazione pre-pandemica.
Il new normal, che ha accompagnato la flessione dell’incidenza pandemica, unito al sopraggiunto scenario di incertezza economica a livello internazionale, ha fatto sì che molte aziende, a prescindere dalla loro dimensione, abbiano preferito far rientrare i dipendenti in ufficio, con la speranza, o per lo meno l’illusione, che ciò potesse portare ad una maggiore innovazione e produttività dei dipendenti.
Questo approccio conservativo e restauratore pare tuttavia incapace di offrire certezze sui benefici che possono derivare dal tenere i dipendenti presso le proprie sedi nelle canoniche otto ore lavorative quotidiane. Si tratta di una lacuna evidente già nell’incapacità di misurare gli eventuali vantaggi, per via dell’assenza di metriche dedicate a tale scopo.
Il problema in essere viene infatti posto in maniera concreta e tangibile dalle organizzazioni che hanno implementato in maniera importante un modello di lavoro ibrido, in grado di incidere sostanzialmente sulla loro organizzazione. Tali aziende hanno infatti una maggior predisposizione a formulare un sistema di metriche formali per monitorare l’innovazione la soddisfazione dei dipendenti rispetto a chi non ha o ha praticato una manovra di retromarcia rispetto al lavoro ibrido.
Il 97% delle realtà che hanno implementato il lavoro ibrido, secondo i risultati della ricerca di VMware, dispone di un sistema di metriche per monitorare i livelli di innovazione, contro l’82% di quelle che sono tornate esclusivamente in presenza.
Tale orientamento viene spiegato da Shankar Iyer, senior VP e GM, End-User Computing di VMware: “La maggiore incertezza economica spinge le aziende a concentrarsi ancora di più sull’innovazione e sulla produttività, ma questo non dovrebbe andare a scapito di tutti i progressi fatti nello sviluppo di pratiche di lavoro più flessibili. Le ricerche hanno dimostrato che consentire il lavoro ibrido crea team più felici, più impegnati e più collaborativi, il che può naturalmente portare a un aumento della produttività. I dipendenti ritengono di poter dare il meglio di sé quando hanno la possibilità di scegliere il lavoro ibrido, insieme agli strumenti che lo supportano, ma i leader aziendali ritengono che l’ufficio sia il luogo in cui si sviluppa l’innovazione. La nostra ricerca suggerisce che un maggior numero di aziende deve impiegare metriche formali per misurare l’impatto, per garantire che la percezione non superi la realtà. Quelle che adottano politiche di lavoro ibrido stanno chiaramente prendendo molto sul serio la questione“.
Le previsioni sull’arco dei prossimi 12 mesi rivelano che il 72% delle organizzazioni coinvolte dal survey in area EMEA (valore che coincide con la situazione italiana) hanno in programma concreti investimenti per sostenere l’introduzione e la maggior diffuse della cultura digitale all’interno dei loro processi.
Al tempo stesso, 32% delle imprese assegna una priorità rilevante a tutti gli investimenti in grado di alimentare l’innovazione e la creatività, con gli obiettivi di ridurre i costi e aumentare la propria competitività sul mercato, in coerenza con gli obiettivi di business.
Dal punto di vista delle tecniche e delle metodologie da adottare, l’automazione e gli strumenti digitali paiono i più indicati ad aiutare le aziende ad ottimizzare i risultati, riducendo al contempo il dispendio di risorse necessario.
Le aziende starebbero soprattutto investendo nell’automazione per migliorare la user experience e aumentare la produttività dei dipendenti (46% EMEA, 57% Italia), per accelerare l’innovazione (43% EMEA, 50% Italia), e per ottimizzare le operations (49% EMEA, 52% Italia).
Come facilmente intuibile, gli investimenti maggiori vengono effettuati dalle organizzazioni con politiche di lavoro ibrido rispetto a coloro che contemplano la sola presenza in ufficio. Tale aspetto suggerisce che l’innovazione e la produttività per quanto prioritarie, non dovrebbero andare a discapito della flessibilità in merito al luogo di lavoro, che coincide con uno dei principali valori nella soddisfazione del personale.
Secondo Iyer infatti: “Le aziende devono continuare a trovare il giusto equilibrio nell’incentivare l’innovazione senza ridurre la motivazione e la produttività dei dipendenti. Investendo in strumenti di collaborazione digitale, automazione e politiche di team-building, i responsabili aziendali possono promuovere l’efficienza, garantendo al tempo stesso la flessibilità del lavoro in ufficio o da remoto”.
Innovazione e automazione dei luoghi di lavoro: gli spunti di riflessione
Oltre a riportare una sintesi schietta e sincera sul rapporto tra innovazione, luoghi di lavoro ed employee satistifaction, il report The Distributed Work Dilemma: When Innovation and Job Satisfaction Compete, realizzato da Vanson Bourne per conto di VMware, mette in evidenza una serie di spunti certamente destinati a far riflettere. In particolare, appare significativo evidenziare i suguenti:
• Spostamento di equilibrio tra datori di lavoro e dipendenti: negli ultimi mesi il fenomeno delle Great Resignation e una generale carenza di talento a livello globale hanno dapprima messo i dipendenti in una posizione di forza, soprattutto in funzione della loro seniorship. Tuttavia, l’attuale clima economico sta rivoluzionando gli equilibri e sconvolgendo l’assetto di potere tra datore di lavoro e dipendente, con una serie di licenziamenti di massa per molti aspetti senza precedenti. Una recessione confermata da un generale blocco delle assunzioni anche in comparti aziendali tradizionalmente votati all’innovazione.
• Grandi carenze di talenti e aumento del turnover: Il generale aumento della soddisfazione sul lavoro negli ultimi due anni è stato soprattutto caratterizzato dalla possibilità di lavoro ibrido tutti i settori. Tuttavia, la crescente richiesta di competenze digitali ha creato una generale crisi di talento da cui le aziende possono attingere. Le figure specialistiche finiscono per diventare sempre più ricercate e tale fenomeno appare evidente soprattutto nel settore della cybersecurity.
• L’automazione facilita il lavoro ibrido: gli investimenti nelle tecnologie di automatizzazione dei processi si rivelano sempre più vitali nel ridurre il burnout e facilitare la collaborazione necessaria per mantenere l’innovazione, anche in un ambiente ibrido. L’automazione consente inoltre di ridurre i carichi di routine dei dipendenti umani, liberando tali risorse per attività a più elevato valore aggiunto, oltre che fondamentalmente strategiche per il business.