Gli impatti dello scossone Broadcom-VMware, della “corsa” al cloud, la gestione della richiesta di potenza di calcolo anche “all’edge” degli ambienti ICT… e ancora le esigenze di sicurezza, continuità, il valore di un ecosistema aperto e davvero collaborativo. Tutto, ma proprio tutto in un confronto esclusivo con la guida italiana di Nutanix, una delle aziende che grazie ad un approccio “open” e agile sta vivendo da protagonista una fase mai così complessa e vitale per lo spazio digitale delle imprese.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto il piacere di incrociare la strada di un manager di grande esperienza ed energia come Benjamin Jolivet.
Tono pacato ma deciso ed entusiasmo sempre contagioso, “Ben” è Francese di nascita ma, dopo tanti anni e infiniti km percorsi, oggi è profondamente italiano per capacità di fiutare, conoscere, gestire, guidare umori, linguaggi e richieste di imprese e territorio di casa nostra.
Un manager che oggi guida la filiale italiana di Nutanix, colosso multinazionale che, vocabolario alla mano, oggi ha un ruolo chiave nella gestione e semplificazione delle infrastrutture IT, con un focus particolare sulle soluzioni iperconvergenti (HCI – Hyper-Converged Infrastructure) e sul cloud ibrido.
Un ruolo chiave per definizione in un momento in cui, dati del Politecnico di Milano alla mano, le imprese italiane corrono verso il Cloud come mai prima d’ora (+20 per ceno nel 2024, per una crescita che non ha precedenti nemmeno nella fase più acuta della pandemia quando tutti ci siamo “appesi” al digitale). Una corsa che, oggi più che mai, porta le imprese a chiedere supporto, sicurezza, continuità e, manco a dirlo, estrema semplificazione di questi ambienti.
Il tutto, a circa un anno di distanza da una delle operazioni che ha più inviso sugli equilibri di tutto il mercato ICT sia a livello di aziende “acquirenti” sia a livello di aziende che piattaforme e soluzioni ICT le devono portare e integrare come serve e dove serve. Con l’acquisizione di VMware da parte di Broadcom (qui tutta la cronostoria esclusiva), il DNA e i destini della virtualizzazione, ovvero uno dei motori più potenti della infrastrutture ICT di milioni di imprese, ha cambiato forma, dimensione, prezzo, obiettivi e prospettive.
In un simile panorama c’è chi ha continuato per la sua strada, chi ha deciso di stare a metà del guado, chi ha colto l’occasione per una migrazione massiva in ambienti cloud.
Esattamente al centro di questo scenario proprio Nutanix si è scelta un ruolo di facilitatore e orchestratore che, come vedremo, sta ripagando la società con numeri e ritorni straordinari.
Nasce da qui l’idea e la pratica di un incontro, come quello che Jolivet ci ha accordato nei giorni scorsi. Un incontro che il manager ha fortemente voluto negli spazi innovativi e “aperti” della sede milanese di Nutanix, situata a pochi passi dalla stazione centrale nei modernissimi ambienti di WeWork.
«Abbiamo fortemente voluto una sede aperta, agile, innovativa… così come siamo, vogliamo e dobbiamo essere noi in questa fase di mercato così delicata. Siamo semplificatori e abilitatori di business». Ci accoglie così Benjamin al quale sottoponiamo la prima e più scontata delle domande.
Ben, l’operazione Broadcom-VMware ha portato forti cambiamenti sul mercato, voi come state aiutando i vostri clienti… soprattutto in un Paese come il nostro?
«Noi stiamo organizzando il lavoro per fare in modo che i clienti facciano le scelte giuste – spiega Jolivet -. È importante innanzitutto rispettare quello che si è costruito negli anni. Broadcom in questa fase offre ai clienti una logica di continuità con delle economie che sono diverse, il primo messaggio che facciamo passare dunque è quello di fare un lavoro di qualità e di utilità per l’impresa a tutti i livelli.
Più nel dettaglio, è importante che oggi i clienti sappiano che possono costruire una nuova infrastruttura basandosi unicamente sulla parte cloud o, come diciamo noi, costruirsi un mondo ibrido multi-cloud con vantaggi senza precedenti. La piattaforma Nutanix può essere tante cose in un simile contesto: può essere la soluzione, può essere una parte della soluzione, può essere un contesto residuale. L’importante per noi è l’ecosistema che siamo in grado di mettere a disposizione di partner, clienti ed è soprattutto arrivare a offrire una soluzione che ha una logica forte sul lungo periodo e che crea valore per le imprese».
Detto del cosa… interessante capire ora il come. Quale tipologia di approccio state riscontrando nelle aziende italiane? Come e con che tempi stanno affrontando il “tema” ambiente virtuale?
«In questa fase noi vediamo tre categorie principali di clienti – spiega Benjamin -:
Ci sono quelli che hanno una certa “semplicità” di base intorno a quello che hanno costruito con Broadcom e scelgono un passaggio/migrazione agile ad ambienti diversi in un arco di tempo da 6 a 12 mesi.
Poi ci sono i clienti che hanno una complessità più ampia da gestire. Su questi ultimi organizziamo progetti pilota in collaborazione con tutto il nostro ecosistema di alleanze: dall’hyperscaler agli attori che sono intorno all’infrastruttura on premise.
Ragioniamo, in particolare, su logiche di container, sulle logiche di Virtual Machine che la nostra piattaforma gestisce. Una piattaforma che, ovviamente, può anche essere gestita con il supporto di terze parti.
In un contesto così “open” e fluido organizziamo un percorso che copre un arco temporale da un anno a cinque a seconda dalla complessità.
Poi ci sono i clienti che colgono “l’occasione” per andare su una logica di abbandono completo di un contesto on premise per costruire interamente su una logica di cloud. In questi casi noi portiamo efficienza e li aiutiamo a gestire soprattutto la spinta verso l’edge. Ovvero li supportiamo sulla parte di distribuzione/richiesta dei carichi di lavoro e di potenza di calcolo anche in “periferia” o all’edge, appunto, di un ambiente ICT. Quest’ultimo è uno dei casi emblematici della fase che stiamo affrontando e della rivoluzione digitale in corso. L’Artificial Intelligence, infatti, è proprio il workload che oggi sta strutturando tutto questo approccio. Molte applicazioni, soprattutto di AI, hanno infatti la necessità di trovare dati, la fruibilità, la potenza di calcolo appunto che va spesso dal cloud all’edge. Nasce proprio qui la nostra visione di costruire un’infrastruttura che sia multi-cloud ibrida, che ha dunque un piede sull’on premise e un piede sulla potenza del cloud. Il meglio di due mondi a disposizione di clienti e partner… qui facciamo la differenza in maniera decisiva soprattutto nel cuore della corsa verso la generative AI».
Scenario tecnologico a parte, in questo percorso che ruolo e che opportunità ci sono per i partner? Perché insomma Nutanix insiste così tanto sul concetto di ecosistema?
«Con i partner siamo in un momento storico perché tra tutto quello che abbiamo discusso c’è forte bisogno di competenza – sorride Jolivet -. Competenza sul passato, su che cosa è stato installato e su come migrare sul nuovo. Cogliere l’enorme opportunità del multi-cloud ibrido, cioè avere competenza sul cloud, avere competenza sull’on premise, sul lato sicurezza, backup, ridondanza, infrastruttura, VM, container… è oggi a vera sfida per un buon operatore di canale che si vuole giocare una delle partite più importanti per il suo futuro. Quindi è un grande momento per i partner che hanno investito sulle certificazioni, sulla competenza tecnica ma anche sulla competenza per guidare strategicamente i clienti. Questo crea un ecosistema che è composto da realtà che “fanno” la strategia in qualità di system integrator o di advisor e su cui siamo in forte investimento, vedi i casi di Deloitte, Accenture, Reply, Capgemini…
Poi abbiamo un ecosistema che qualificherei legato “all’infrastruttura”, che è composto da grossi Gruppi frutto anche di concentrazioni e fusioni strategiche. Gruppi che stanno investendo con noi sulla pate da cui siamo partiti: l’infrastruttura a livello di virtualizzazione, iperconvergenza… Ma c’è di più, insieme a questo tipo di realtà ci muoviamo velocemente verso progetti in ambito container che offrono più capacità per i nostri clienti. Si parla quindi di una soluzione come la Nutanix Kubernetes Platform. Una piattaforma, appunto, che offre tutti i vantaggi della modernizzazione che si cercano in una soluzione Kubernetes: l’agilità, la velocità di commercializzazione, le nuove esperienze per la clientela, i nuovi modelli di business, i vantaggi competitivi. Il tutto fino ad arrivare ancora una volta all’AI e alla gestione dei database, strutturati e non strutturari, che dà persistenza ai container.
Questo – conclude Jolivet – è il momento dei partner, dell’ecosistema, delle competenze di prossimità che è in grado di garantire sul territorio ma è soprattutto il momento dei system integrator che hanno capito la portata del cambiamento in atto e che, sulla base di questo “fiuto” hanno anche capito che serve la capacità di parlare, dialogare in maniera trasversale con molte più funzioni manageriali rispetto al passato».