Come va l’eterna disputa on premise vs cloud? Prima protagonista indiscusso per mancanza di avversari, poi messo in discussione dall’esplosione dei servizi cloud, oggi l’on premise raggiunge la sua precisa dimensione, che non è l’oblio.
Non c’è un vincitore nel match “on premise vs. cloud”, ma ci sono buoni motivi per continuare a utilizzare strutture on premise e altrettanto buoni motivi per sfruttare il cloud.
La tendenza che spinge verso ambienti ibridi e multicloud non fa che confermare la necessità di una componente pienamente controllabile all’interno di una infrastruttura It distribuita. Ciò essenzialmente per motivi di protezione del dato e di compliance.
La necessità di adeguarsi alle norme GDPR è stata probabilmente la spinta di cui aveva bisogno l’on premise per non soccombere. L’obbligo della compliance per le aziende sta spingendo il mercato verso infrastrutture miste, individuando nell’on premise il miglior repository per dati sensibili o comunque vitali.
Riepiloghiamo, dunque, le puntate precedenti e prendiamo atto fin da subito della trasformazione da infrastruttura on premise a cloud privato.
On premise vs cloud: cosa sono le soluzioni on premise
Una struttura It on premise è generalmente ospitata in un data center di proprietà del cliente e comprende un’architettura IT completa. Una soluzione on premise è pienamente controllabile, sappiamo dove è localizzata e, teoricamente, possiamo proteggerla. Ma non è facile farlo adeguatamente. Rivalutare l’on premise non significa tornare ad avere a che fare con ambienti legacy e forme di licensing old style. Tutto ciò che è stato detto sui limiti di un approccio di questo tipo continua a essere valido.
I vantaggi e gli svantaggi
La struttura on premise rischia di essere obsoleta, dunque poco protetta e poco adeguata ai nuovi carichi di lavoro. Generalmente è costoso aggiornarla e scalarla. Inoltre, molto spesso una struttura on premise integra piattaforme applicative anch’esse obsolete. Il codice non è aggiornato, e ciò significa incursioni inevitabili, ed è complicato aggiornarlo. Inoltre, la classica proposizione a licenza determina un TCO, costo totale di possesso, a oggi insostenibile.
Per contro, l’on premise garantisce maggiore protezione dei dati per un sicuro adeguamento alla compliance. Isolando, all’occorrenza, una parte di dati e applicazioni mission critical, l’azienda cliente può dormire sonni tranquilli. E così l’on premise si ricostruisce un’identità precisa, scrollandosi di dosso ciò che si è dimostrato inadeguato al business.
È un on premise “che si rifà il trucco”, che sfrutta i vantaggi di un approccio cloud, senza esporsi. Per questo sono necessari servizi e applicativi di gestione con funzionalità innovative ereditate dall’esperienza cloud. L’on premise rivive una nuova giovinezza, dunque, migrando verso un cloud privato. Ed esistono standard specifici di migrazione.
Compiuta la migrazione, scrollati di dosso i limiti dell’on premise e conquistati i benefici di un approccio cloud, nella ridefinizione del senso dell’on premise, la domanda da farsi è una sola. Quali sono i dati aziendali che l’azienda non può rischiare di perdere o vedere corrotti?
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On premise vs cloud: cosa sono le soluzioni cloud
In principio era il cloud pubblico. Le soluzioni cloud pubblico fornite dagli hyperscaler (AWS, Google, Azure) si sono fatte largo nel mercato come alternative all’on premise. Con la promessa di una soluzione cloud, si distribuisce tutta l’architettura It dell’azienda cliente in un ambiente senza indirizzo fisico. Inizialmente si tendeva a non preoccuparsi di dove risiedessero fisicamente i dati, l’importante era averli a disposizione, subito e da qualsiasi luogo si accedesse agli asset aziendali.
Ai cloud pubblici si sono aggiunti i cloud privati, i cloud ibridi e i multicloud. Tutti ambienti accomunati dall’unico paradigma, il cloud, ma con caratteristiche diverse. Il cloud privato, come detto è un ambiente cloud potenzialmente chiuso che sta prendendo il posto dell’on premise. Il cloud ibrido è un ambiente misto, pubblico e privato, e il multicloud è anch’esso misto ma non prevede l’interazione tra i due o più ambienti cloud.
I vantaggi e gli svantaggi
I vantaggi di un approccio cloud sono diversi. Come già detto, il cloud è indipendente dal luogo fisico in cui sono collocati dati e applicazioni. Siamo di fronte a un’architettura distribuita a cui accedere da ovunque. Tra i vantaggi, da sottolineare certamente la disponibilità della tecnologia migliore, sempre aggiornata e protetta.
Inoltre, l’approccio cloud permette di introdurre l’azienda cliente al paradigma SaaS (Software as a Service). Ciò significa che si abbandona definitivamente il classico pagamento per il software a licenza, per indirizzarsi verso il modello di pagamento a servizio. L’azienda cliente, dunque, pagherà una fee mensile in base alle risorse (elaborazione, storage e networking) utilizzate. Se le esigenze aumentano, sarà possibile in ogni momento scalare le risorse e rivedere il costo dell’infrastruttura.
La fee mensile del servizio è comprensiva di tutto, installazione, gestione e assistenza, e sgrava totalmente il cliente da ogni onere di gestione. Sarà poi l’azienda cliente a scegliere se, per la gestione, affidarsi in toto a un partner esterno o accollare l’onere al team It interno.
Se fossimo fermi al cloud pubblico, lo svantaggio più evidente riguarderebbe la cosiddetta governance dei dati. Non sapendo dove sono fisicamente localizzati, il cliente ha delle difficoltà a individuarne l’allocazione, con ripercussioni sulla compliance e anche sulla loro protezione.
La diffusione di modalità diverse, come il cloud privato, il cloud ibrido e il multicloud, ha pressoché risolto ogni dubbio. Oggi è possibile capire esattamente dove sono i dati aziendali e che tragitto fanno. Ed essere abbastanza certi della loro protezione e integrità.
Altro possibile limite può riguardare l’accesso all’infrastruttura aziendale. Poiché parliamo dell’erogazione di un servizio, ne consegue che, tendenzialmente, sono coinvolti uno o più partner It. Per questo, è fondamentale avere delle garanzie su chi può operare sugli ambienti, verificarne le autorizzazioni e tutelarsi nei confronti dei partner coinvolti.
On premise vs cloud: un confronto
In definitiva, on premise vs cloud, cos’è meglio? Si tratta di un confronto che sta lentamente perdendo di senso. Perché oggi a un’infrastruttura on premise c’è un’alternativa valida e migliore, e si chiama cloud privato. Dunque, alla luce delle nuove opportunità offerte dalla tecnologia, il confronto on premise vs cloud ha un vincitore assoluto, il cloud.
A questo punto è necessario capire su quale tipo di cloud indirizzarsi, determinando quale sia l’architettura migliore per la specifica azienda. Per questo è necessario affidarsi a un partner It, un cloud service provider o un system integrator. Prima di tutto il partner farà un esame completo dell’infrastruttura preesistente e valuterà insieme al cliente le esigenze, correlandole direttamente alla crescita del business.
Questo cambio di approccio elimina l’introduzione di tecnologie fine a se stesse per indirizzarsi verso scelte che impattino direttamente sul business aziendale. Assumeranno un valore preciso dei KPI come il ROI, il ritorno dell’investimento, la resilienza dell’infrastruttura e il time to market.
Successivamente alla fase consulenziale, il partner disegnerà la nuova infrastruttura mettendo a disposizione la propria, nel caso di un cloud service provider, e/o scegliendo i servizi degli hyperscaler. Anche se i fornitori in gioco sono diversi, sarà comunque il partner It a stipulare il contratto con l’azienda cliente. E sarà con il partner che l’azienda dovrà accordarsi per condividerne la responsabilità sui dati richiesta dal GDPR.