Il noto portale di tecnologia The Verge ha raccontato qualche giorno fa la storia di un ingegnere della Apple, al quale sarebbe stato chiesto di collegare il suo account ai dispositivi su cui opera in ufficio. Un passaggio non da poco poiché comporta l’immissione, sul Mac aziendale, dei loro backup che spesso afferiscono alla propria sfera personale.

Una volta andato via da lì, dopo aver consegnato le dimissioni, gli fu detto che non c’era bisogno di resettare il disco rigido della sua postazione. Eppure ormai c’erano documenti privati, come la stipulazione del mutuo e così via.
Una storia che nell’organico ha dato vita ad una crescente tensione che mette in ballo tanti argomenti, dalla cybersecurity a normative articolate come il noto GDPR, a livello europeo, o la più recente PIPL.

Privacy, cosa è emerso in Apple

Ad alcuni membri dell’organico è stato chiesto, ad esempio, di installare dei build software, codici eseguibili che testano determinate funzionalità, ma successivamente è diventato evidente come in realtà mettessero in esposizione una serie di dati. La convergenza dei singoli archivi, di cui si parlava in precedenza, è dovuta al fatto che non è consentito utilizzare gli indirizzi di lavoro per registrarsi su iCloud.

Una situazione a cui si somma un contratto stringente che conferisce alla casa madre di svolgere una sorveglianza sia fisica che digitale, andando, in aggiunta, a monitorare l’ambiente alla ricerca di oggetti non prodotti da Apple. The Verge spiega che, a chi firma tali condizioni, non sarebbe concessa alcuna “aspettativa di privacy”, spingendo tra l’altro ad adottare l’iPhone a chi non è provvisto, dato che mantenere due telefoni diventa difficoltoso.

Se è comunque una prassi comune chiedere di testare nuovi programmi, colpisce il fatto che succeda in Apple dove c’è grande attenzione alla privacy, sicuramente dei clienti come ribadito lo scorso gennaio da Tim Cook alla CPDC 2021, parlando di “diritto fondamentale”. Certo, c’è la possibilità di creare un ID apposito, ma attrae l’opportunità di fruire di due terabyte e, al contempo, c’è il timore di apparire diffidenti.

Le ripercussioni sull’Enterprise

La cartella Apple Work è progettata per contenere i file condivisi, ma, per le ragioni di cui sopra, si origina un tutt’uno col resto. Una circostanza capitata a molti, per cui cresce ora l’esigenza di tenere separati i due ambiti. Dal 2019 a Cupertino è stato adottato Slack per lo scambio di idee, ma il canale principale resta iMessage dove è quasi impossibile rinunciare a una sincronizzazione complessiva.

Un’applicazione esistente dal 2017, chiamata Gobbler,  serve per verificare la fattibilità dello sblocco facciale per iPad e simili e, per procedere in tale intento, acquisisce video il cui focus è il viso dell’individuo. Successivamente l’app ha preso il nome “Gimmler”, andando a inserirsi nel pacchetto di funzionalità, attivabile dietro modulo di consenso. Il materiale confluisce in Radar e si può visualizzare tramite ricerca di parole chiave.

Uno dei professionisti intervistati avrebbe ricevuto l’invito a non eliminare le informazioni accumulate nel suo trascorso in azienda, e a non ripristinare le impostazioni di fabbrica delle unità Apple di cui aveva usufruito. Politiche che non si conciliano con i valori risaputi del colosso, una questione che rimane da approfondire ambo le parti, così come la recente richiesta a comunicare lo status vaccinale.

 

 

Privacy, problemi per i dipendenti Apple ultima modifica: 2021-09-06T11:17:02+02:00 da Emanuele La Veglia

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