Tra le tante tecnologie protagoniste dell’ultima ondata di trasformazione digitale, il cloud è senza ombra di dubbio quella che più ha conosciuto la maggiore diffusione. Il cloud è infatti ormai ampliamente utilizzato dalle imprese e organizzazioni di tutti i settori e dimensioni, tanto che una buona parte delle applicazioni e servizi Internet che utilizziamo sono basati sul cloud. Nel mercato del cloud sono coinvolti tutti i maggiori player nazionali e internazionali dell’Ict e anche il variegato mondo del canale (rivenditori, system integrator e distributori) ha imparato a fare business con e grazie a questa tecnologia. Ovviamente, proprio la crescente diffusione del cloud computing può provocare qualche “mal di testa” alle imprese e alle organizzazioni che vorrebbero puntarci, a causa della sovrabbondanza di informazioni disponibili. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e spiegare nella maniera più semplice possibile che cosa sia effettivamente il cloud.
Cloud, una definizione
Secondo la definizione fornita dagli Osservatori del Politecnico di Milano, “Il Cloud Computing è un insieme di servizi ICT accessibili on-demand e in modalità self-service tramite tecnologie Internet, basati su risorse condivise, caratterizzati da rapida scalabilità e dalla misurabilità puntuale dei livelli di performance, in modo da poter essere pagati in base al consumo”. In effetti il cloud computing è capace di assicurare tutta una serie di vantaggi, in particolare da un punto di vista della riduzione dei costi: l’Information Technology diventa un servizio che viene acquistato in base alle reali esigenze aziendali, fruito via Internet e pagato in base agli effettivi consumi. Di conseguenza le organizzazioni non hanno bisogno di affrontare ingenti investimenti in hardware, software e networking per realizzare i propri progetti, che potrebbero magari poi rivelarsi insufficienti o sovrabbondanti per i propri scopi.
Qui entra in gioco un’altra parola magica del cloud: la scalabilità. Il cloud permette di raggiungere più facilmente economie di scala, abilitando l’erogazione scalabile e flessibile dei servizi, che possono essere messi a punto in tempi notevolmente più rapidi del classico modello on premise. Tra i vantaggi non può non essere citato quello della semplicità, dal momento che il cloud prevede l’erogazione dei servizi da parte dei service provider, che si accollano una buona parte degli oneri legati al funzionamento degli stessi. Sgravando quindi di non poche responsabilità i team IT aziendali, spesso a corto di risorse e competenze.
Le tipologie di cloud e servizi
Il quadro è però complicato dal fatto che, come molti lettori già sapranno, non esiste un solo tipo di cloud, ma almeno tre: pubblico, privato e ibrido. Nel cloud privato l’infrastruttura rimane dedicata esclusivamente all’organizzazione utente, che ne ha il pieno controllo. Il Cloud Privato può risiedere nel data center dell’impresa stessa, rimanendo sotto la gestione del personale interno, oppure può essere affidato ad un fornitore esterno specializzato. L’esatto contrario accade invece nel cloud pubblico, dove l’infrastruttura è di proprietà del service provider che eroga servizi disponibili al pubblico attraverso Internet su risorse condivise da più utenti. In questo caso gli investimenti infrastrutturali sono interamente sostenuti dal fornitore, mentre il cliente paga a consumo solamente per i servizi effettivamente fruiti. Infine, c’è il modello del cloud ibrido, che prevede in pratica una combinazione di cloud pubblico e privato per massimizzare al meglio i benefici delle due tipologie.
Occorre poi considerare che anche gli stessi servizi erogati via cloud possono essere di natura molto diversa: gli esperti distinguono tra IaaS, PaaS e SaaS. Il temine Iaas (Infrastructure as a Service) fa riferimento a servizi infrastrutturali erogati via cloud, ovvero risorse di networking, capacità di storage, capacità elaborativa e lo strato di virtualizzazione. Molto diffuso è anche il Software as a Service (SaaS), che sostanzialmente prevede il rilascio di applicazioni pronte all’uso gestite su un’infrastruttura Cloud. Infine, c’è il Platform as a Service (PaaS), attraverso cui il provider fornisce ai clienti una piattaforma cloud completa – hardware, software e infrastruttura – per lo sviluppo, l’esecuzione e la gestione di applicazioni.
Il Caso Kyndryl
È chiaro, dunque, che oggi via cloud si può fare praticamente tutto, tanto che tutti (o quasi) gli operatori presenti sul mercato ICT si sono convertiti in provider di servizi cloud. Come si può scegliere allora il fornitore cloud migliore per la propria azienda? La scelta, occorre ammetterlo, non è delle più semplici, proprio perché – a prima vista – le caratteristiche e le virtù promesse dagli operatori possono apparire tutto sommato simili.
Prima di imbarcarsi in un qualsiasi progetto di migrazione, occorrerebbe mettere in atto un’analisi approfondita dei propri specifici requisiti aziendali e valutare con attenzione i provider in termini di caratteristiche, prezzi, sicurezza e altri fattori. Tra questi un aspetto importante – ma spesso trascurato – è quello reputazionale: visto e considerato che con il cloud si stanno affidando i propri dati a un’organizzazione esterna, sarebbe buona cosa scegliere un’azienda che goda di una buona reputazione e che non abbia precedenti di problemi legali o violazioni di dati. E che abbia una buona posizione finanziaria e tecnologica, in maniera tale da assicurare nel tempo la qualità dei servizi cloud erogati. Non è poi sbagliato dare un’occhiata ai partner tecnologici dei provider cloud, che possono garantire implementazioni importanti.
Ultimo ma non ultimo, il tema della governance e della capacità di avere una visione olistica del Journey to Cloud: competenze per guidare le scelte di strategia, competenze specifiche del cloud provider per un design puntuale e adatto al singolo workload, competenze di migrazione, competenze di gestione sia in termini di livelli di servizio che di cost management, il tutto magari su più hyperscaler contemporaneamente. In questo caso servono skill, asset tecnologici e modelli di servizio, piattaforme di piattaforme, alleanze strategiche con i singoli cloud provider, capaci di rendere il lavoro dell’operatore industrializzato, affidabile, scalabile e ripetibile.
A tutti questi requisiti risponde Kyndryl, primario fornitore di servizi infrastrutturali a livello globale, che è estremamente attivo sul fronte del cloud con i suoi Kyndryl Cloud Services, progettati attorno ai clienti in ottica end-to-end. Da poco ha infatti annunciato la Kyndryl Cloud Native Framework proprio per consentire di erogare il servizio cloud, qualora necessario, anche mediante l’uso dei tool e dei servizi nativi del singolo cloud provider.
Kyndryl è in grado di interfacciarsi con aziende di tutti i settori e dimensioni per definire progetti cloud realmente implementabili, capaci di soddisfare le specifiche esigenze aziendali e integrare sicurezza, resilienza e modelli di gestione. Kyndryl aiuta dunque i propri clienti a creare ambienti cloud sicuri, ripetibili e scalabili sul provider cloud preferito, affrontando con successo la sfida e la complessità degli ambienti IT attuali e ibridi.
I servizi di strategia cloud di Kyndryl consentono di determinare quali carichi di lavoro siano appropriati per il cloud pubblico e quali dovrebbero rimanere in un cloud privato. In particolare, su questo ultimo fronte Kyndryl può mettere a disposizione una offerta di Private Cloud Infrastructure-as-a-Service, che fornisce soluzioni di compute as a service e storage as a service completamente gestite sia per le sedi locali che per quelle esterne gestite d digitale. Sul versante sicurezza, invece, Kyndryl Security & Resiliency garantisce le competenze, i servizi e le tecnologie per aiutare le aziende a mantenere i loro sistemi vitali sicuri, disponibili, affidabili e recuperabili, indipendentemente dalle loro dimensioni e complessità.
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